di Dino Giarrusso, candidato con il MoVimento 5 Stelle al collegio uninominale Roma 10
Curando per Le iene la lunga inchiesta su molestie e violenze sessuali nel cinema italiano, ho scoperto tante storie terribili, che hanno squarciato il velo su un costume barbaro ma drammaticamente diffuso: quello della molestia sessuale legata ad una posizione di potere.
Ed è di questi giorni la lettera di oltre 120 attrici e lavoratrici dello spettacolo che a distanza di qualche mese finalmente fanno sentire la propria voce, solidarizzano con le vittime di violenze e puntano il dito contro “un intero sistema di potere”. Un primo passo forse timido, ma potenzialmente utile ad allineare l’Italia a paesi come l’America, dove il movimento #metoo sta facendo la storia, e -a partire dal caso Weinstein- sta tentando di riscrivere una volta per sempre i rapporti fra uomo e donna. Ma è bene chiarire come quello delle molestie sistematiche verso le donne sia uno squallore frequente non solo nel mondo dello spettacolo, ma in moltissimi ambienti lavorativi, e non solo.
Ascoltare una ragazza violata, che a distanza di anni racconta con dolore e con vergogna quello che ha subito, è straziante. E fa ancora più male constatare che in numerose donne che subiscono violenza sessuale, perdura poi per lungo tempo un tremendo senso di colpa, di inadeguatezza, di vergogna. Donne abusate o molestate in maniera pesante e invasiva si sentono “sbagliate“, si sentono sporche, si sentono responsabili per ciò che hanno subito. E’ un meccanismo mentale tanto tremendo quanto tipico, quello di rivoltare contro se stesse parte della colpa. E anche a causa di questo, molte donne non riescono ad elaborare l’esperienza vissuta e a conviverci se non dopo tantissimo tempo: lunghi anni durante i quali si tengono dentro il proprio fardello, talvolta senza parlarne con nessuno, nemmeno coi familiari stretti.
Eppure, nonostante sia noto come possano servire anni per elaborare il dolore legato ad una violenza sessuale e trovare quindi la forza per denunciare il proprio aguzzino, la legge italiana prevede incredibilmente che il reato di violenza sessuale sia perseguibile solo su querela di parte offesa, e solo se la querela è depositata entro sei mesi dai fatti. In concreto, se una ragazza abusata non trova la forza di denunciare il proprio stupratore entro sei mesi, quel reato così odioso e inumano resterà impunito. In molti altri paesi del mondo i termini per denunciare una violenza sessuale sono molto più lunghi, così come i tempi di prescrizione del reato, che addirittura in Gran Bretagna non si prescrive mai.
Il Movimento 5 Stelle ha intenzione di presentare un progetto di legge che tuteli in maniera molto più incisiva la dignità delle donne, ampliando i termini per presentare denuncia ad almeno tre anni.
Non vogliamo che accada mai più quello che è successo recentemente a Bari, dove una dottoressa in servizio di guardia medica ha avuto la forza di denunciare la violenza subita da un proprio paziente solo dopo nove mesi, e per questo non potrà avere giustizia. Non vogliamo che uomini che abusano di donne possano restare impuniti solo perché la legge non tiene conto di quanto sia difficile per le vittime di questi reati aprirsi, parlare, vincere la vergogna, fidarsi della legge e denunciare tutto.
Nella prossima legislatura vogliamo riscrivere l’articolo 609/bis che disciplina i reati di violenza sessuale, perché non possa più accadere che attrici, studentesse, madri di famiglia, donne di ogni età possano essere violate senza che il loro aggressore venga processato per la violenza commessa. Il “sexual harrassement” è una vergogna inaccettabile che va punita e debellata una volta per tutte: con una maggiore educazione al rispetto delle donne fin dagli anni della scuola, ma anche con adeguamenti legislativi che rendano realmente punibili condotte tanto aberranti.