La Borsa sta finalmente ripartendo. Nuove matricole e un plotone di aspiranti lo testimoniano. Ci chiedono, ci chiederanno, di più. Per gli investimenti, per il futuro, per noi.
Il motivo per cui un’azienda va in borsa è evidente, per chiedere soldi. E più è indebitata più ne chiede, più è in passivo più ne ha bisogno. Piazza le sue azioni attraverso le banche, attraverso i giornali, attraverso i fondi, gli sportellisti, i consulenti finanziari, la pubblicità. Va in borsa chi vuole i vostri soldi o chi non ne ha più. Vi sembra possibile che un’azienda che non ha mai prodotto utili possa entrare in borsa? Che una società con debiti da far paura possa entrare in borsa? Che una società che dipende da un solo cliente possa entrare in borsa? E’ quello che succede.
Ci guadagnano in questo modo i certificatori, quelli che attestano la bontà dei bilanci e del piano industriale. Ci guadagnano le banche che piazzano le azioni. Ci guadagna il sistema che si autoalimenta, Consob, Borsa Italiana. Ci guadagnano i manager con le stock option. Ci guadagnano gli azionisti che si mettono in cassa subito il valore della vendita delle azioni, ponendosi al riparo da perdite future del titolo.
Dopo Calciopoli (ma c’è ancora?) ci vorrebbe una Borsopoli, una voragine al cui confronto tutto il resto potrebbe impallidire.
Un abisso di accomandite per azioni che controllano grandi gruppi, di scatole cinesi, di azionisti che comandano senza soldi, di conflitti di interessi tra aziende clienti e fornitrici, di consiglieri di amministrazione con cariche in più consigli, di mancanze di regole a protezione degli investitori. Senza class action, senza trasparenza.
Ma i giornalisti, quelli veri, sono dalla nostra parte.
Come Daniela Braidi di Repubblica di lunedi che consiglia l’acquisto delle azioni di Telecom Italia che ha perso circa il 10% da inizio anno e perde ormai da quando è apparso il tronchetto nel 2001. Lo dice con queste affascinanti parole: “le azioni della società telefonica appaiono più attraenti dopo la brusca correzione dell’ultimo anno e mezzo”.
Un ragionamento innovativo.
Se l’hai già preso in quel posto, dice l’articolo, c’è la ragionevole probabilità che non succeda più.