L’umanità sta vivendo da tempo sopra le proprie possibilità. Il prezzo da pagare per continuare su questa strada è la fine della civiltà.
Intervista a Wackernagel, Pollard, Al Mubarak e Quirola del Global Footprint Forum 2010:
Mathis Wackernagel: “Salve, sono Mathis Wackernagel del Global Footprint Network. Il nostro quartier generale è a Auckland, California, ma siamo presenti anche in Europa. Ora abbiamo il nostro Global Footprint Forum! Il forum sull’impronta ecologica 2010, in Toscana.
Il tema è molto semplice: ci rendiamo conto che il Pianeta sta diventando troppo piccolo rispetto al nostro appetito.
Attualmente stiamo utilizzando un pianeta e mezzo. Vale a dire che la Terra impiega un anno e cinque mesi circa per rigenerare le risorse che l’umanità utilizza in un solo anno.
Quando sono nato io, nel 1962, l’umanità utilizzava circa la metà delle risorse rinnovabili dalla Terra. Possiamo permetterci di sforare il budget per qualche tempo, ma prima o poi ciò porterà all’erosione del capitale ecologico e ad un ritorno forzato entro i limiti della capacità di rigenerazione del Pianeta. Possiamo scegliere tra una via comoda o una decisamente meno comoda per rientrare entro i limiti del budget ecologico.
L’impronta ecologica è uno strumento per capire a che punto si è. Proprio come il denaro: quando guadagni e quanto spendi. Certo, puoi spendere più delle tue disponibilità per qualche tempo. Lo stesso vale per le risorse naturali. Quante ne abbiamo e quante ne utilizziamo. Tutto qui, semplice!”
Studiare il mondo prima che questo muoia
Duncan Pollard: “Sono Duncan Pollard e sono il direttore del dipartimento Conservation Practice & Policy per WWF International. Partecipo al Forum perché WWF è uno dei più attivi utilizzatori dello strumento dell’impronta ecologica come indicatore dello stato di salute del Pianeta. Utilizziamo poi un altro strumento, una serie storica, che si chiama Living Planet Index che misura lo stato di salute della biodiversità. È un trend decrescente da quando lo misuriamo, dal 1970. Nel mondo è decresciuto di circa il 30% nel totale della popolazione di animali, piante, uccelli, anfibi, rettili … Nei paesi tropicali la perdita è anche maggiore, intorno al 50%, in particolare dove si registra un rapido sviluppo economico, come nel sud-est asiatico. “
Blog: “Quali paesi stanno adottando lo strumento dell’impronta ecologica e perché sembra essere così difficile l’adozione da parte dei governi?”
Duncan Pollard: “È uno strumento nuovo e credo vedremo un numero sempre crescente di paesi che adotteranno questo approccio per disporre di una lente per osservare lo stato della biodiversità, dell’economia, dello sviluppo e della biocapacità. Sta prendendo piede lentamente, ma ci sono degli interessanti sviluppi negli Emirati Arabi Uniti e in Ecuador, e ora stiamo osservando progressi interessanti in Galles. Ci sono poi tentativi di produrre studi accurati in Giappone, Turchia, Guyana in Sud America. C’è interesse a diversi livelli. In Europa paesi come la Svizzera e i Paesi Bassi stanno cominciando ad adottare.”
Negli Emirati Arabi si pianifica il futuro
Razan Khalifa Al Mubarak: “Sono Razan Khalifa Al Mubarak, direttrice dell’associazione Emirates Wildlife Society, una organizzazione non governativa ambientalista che lavora con partner diversi, compresa il Footprint Network, il WWF e il governo degli Emirati Arabi per conoscere la nostra impronta ecologica. Questo è stato il primo obiettivo del nostro lavoro.
Qual è il percorso che abbiamo intrapreso? Abbiamo fatto noi stessi calcoli con un processo di verifica dei dati e di revisione della metodologia. Questo ci ha consentito di effettuare i calcoli per il Footprint Network negli Emirati Arabi Uniti.
È stato un lavoro enorme. L’impronta ecologica osserva seimila dati. È stato complicato, ma molto utile per accrescere il livello di comprensione della nostra impronta ecologica. L’accresciuto livello di comprensione ha generato un impulso positivo: ora che abbiamo gli strumenti per capire la nostra impronta ecologica e conosciamo i nostri stili di consumo, cosa facciamo?
Questo ha trasformato il nostro lavoro portandoci a indagare quali fossero gli interventi politici nazionali necessari per ridurre l’impronta ecologica.
La questione dell’acqua negli Emirati Arabi Uniti è sempre stata prioritaria per il semplice fatto che non abbiamo acqua. L’acqua è la fonte della vita ed è necessario ordinare le priorità e adottare un approccio strategico alla materia. Parallelamente, per noi la questione dell’acqua è direttamente collegata alla questione energetica. Dal momento che disponiamo di riserve d’acqua dolce estremamente limitate, quasi il 100% dell’acqua che consumiamo è ottenuta attraverso processi di desalinizzazione. La desalinizzazione è un processo che ha una grande impronta ecologica. L’utilizzo della tecnica dell’impronta ecologica per studiare questa questione e conoscere l’impatto ecologico dell’acqua che utilizziamo è stato estremamente utile per gli Emirati Arabi Uniti.
Abbiamo identificato l’acqua come parte del processo energetico. Al momento stiamo lavorando su modelli per capire i nostri stili di consumo dell’acqua futuri, l’impatto di questi consumi sull’impronta ecologica e le politiche che si rendono necessarie per ridurla. “
Il regalo dell’Ecuador al mondo
Dania Quirola: “Sono Dania Quirola, consulente a Sumak Kawsay i Ecuador per il ministero della Pianificazione e Sviluppo. Faccio parte dello staff tecnico che si occupa di sostenere l’iniziativa Yasunì ITT, una iniziativa per cambiare la storia.
Abbiamo scoperto che il 20% delle riserve petrolifere del Paese si trovano all’interno di un parco naturale, il parco Yasunì. Una riserva della biosfera tutelata dall’UNESCO. In questa zona abbiamo colto la possibilità di fare un regalo al pianeta: la prospettiva di una riduzione significativa del cambiamento climatico. Abbiamo deciso di mantenere il petrolio nel sottosuolo. Si tratta di 846 milioni di barili di petrolio equivalenti a 407 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti. Ciò significa che oltre alle discussioni internazionali a livello politico, che pure dobbiamo continuare a sostenere, c’è una risposta concreta di un piccolo paese sudamericano. Questo contribuirà a un cambiamento nella matrice energetica. Stiamo cercando a livello internazionale collaborazioni per condividere questo sforzo planetario e raccogliere circa 3.400 milioni di dollari, circa il 50% dell’introito della vendita del petrolio, per conservarlo nel sottosuolo. “
Rivoluzionare alimentazione e mobilità
Duncan Pollard: “Ci sono almeno tre cose che i singoli possono fare. La prima è certamente far capire ai politici che questi sono temi che ci stanno a cuore. E ci sono diversi modi per farlo. Uno di questi è andare sul sito del WWF, e altre organizzazioni, e utilizzare gli strumenti per il calcolo dell’impronta ecologica e calcolare la propria. Se migliaia, milioni di persone lo fanno, i politici si renderanno conto che si tratta di una questione con la quale dovranno avere a che fare.
A un livello diverso ci sono altre azioni che i singoli possono fare riconoscendo che il cibo e l’energia hanno un enorme impatto sull’impronta ecologica.
Per quanto riguarda il cibo dobbiamo certamente assicurarci di non sprecarne – in Europa circa il 30% del cibo prodotto non viene consumato – e tutti possiamo giocare un ruolo importante nell’assicurarci di mangiare il cibo che acquistiamo e di non gettarlo via. L’altra comportamento rispetto al cibo richiede che se vogliamo avere tutti una dieta bilanciata entro l’anno 2050 dobbiamo consumare significativamente meno carne di quanto ne consumiamo oggi, specialmente in Europa. La dieta italiana per esempio, che è stata indicata come la dieta media europea in termini di apporto calorico da carne, va resa simile alla dieta malese o a quella del Costa Rica. E ciò potrebbe significare ad esempio consumare carne solo 2 o 3 volte la settimana, non sette volte la settimana.
L’altra grande operazione che si può fare è cambiare gli stili di spostamento. Utilizzare l’auto il meno possibile e ridurre il numero di spostamenti. Se sono proprio necessari, si utilizzino i mezzi pubblici, la bicicletta o si cammini.”