Passaparola – Il lavoro rende poveri

Intervista a Walter Passerini e Mario Vavassori
(11:00)

Negli ultimi 10 anni c’è stato un grande calo del potere d’acquisto, in 10 anni, non abbiamo migliorato la produttività, però nello stesso tempo le retribuzioni sono diminuite di molto, la battaglia con l’inflazione è stata persa in modo evidente. Qualche esempio:
Un operaio nel 2002 prendeva uno stipendio di 18 mila e 500 Euro, nel 2012 un operaio prendeva uno stipendio di 22 mila e 500 Euro, sono circa 4 mila Euro di incremento, ma l’inflazione ha portato via il 24% di incremento. Il risultato finale è che un operaio ha perso l’8% di potere di acquisto. La stessa cosa è capitata ai dirigenti, le due parti più estreme di un organizzazione, operaio e dirigente, hanno avuto lo stesso andamento. Chi ha sofferto di più sono gli impiegati, hanno perso oltre il 10% di potere di acquisto. La tassazione è stata imparziale, ha colpito tutti. Walter Passerini e Mario Vavassori

Il Passaparola, Walter Passerini e Mario Vavassori
Walter Passerini: Si può essere poveri avendo un lavoro? Sì! Certo! Cerchiamo di spiegare perché. Le paghe degli italiani, degli operai e impiegati in particolare, sono molte basse, sono ancora più basse le paghe nei giovani, 700 – 800 Euro al mese, è ancora alta la differenza tra uomini e donne. A parità di mansioni, le donne prendono il 20% in meno degli uomini.
Mario Vavassori: Siamo riusciti negli ultimi 10 anni a raccogliere due milioni di profili retributivi.
Ci sono due fatti molto importanti: le torri gemelle e Leman Brothers, due momenti di grande crisi.
Si è vista infatti, soprattutto nel 2002 – 2003, una forte crisi delle retribuzioni e nel 2008 è ripresa la discesa degli stipendi. Negli ultimi 10 anni il potere di acquisto è diminuito del 9% per tutti i lavoratori dipendenti, e parliamo di 15 milioni di persone.
Walter Passerini : Nella nostra inchiesta giornalistica, pubblicata da Chiarelettere, “Senza soldi“, abbiamo visto situazioni di povertà relativa, di povertà assoluta, la vera emergenza è la pochezza del salario. La busta paga è un casino, non si riesce a capire che cosa contenga, ci sono troppe voci, c’è un problema di cuneo fiscale, di differenza tra lo stipendio lordo e netto, bisogna ridurre questa differenza. Il problema degli ammortizzatori sociali, chi perde il lavoro che tutele ha? Chi non trova il lavoro che tutele può avere? E questo induce anche al ragionamento sul reddito minimo garantito, oggi ci sono troppi redditi massimi garantiti e non ci sono redditi minimi assolutamente garantiti e, infine, bisogna aumentare la quota di stipendio variabile, di produttività, di stipendio legato ai risultati, cosa che oggi invece non succede!
Mario Vavassori: Un elemento importante è che questa situazione di perdita di valore economico degli stipendi, significa una perdita di ricchezza non solo per i lavoratori, ma anche per gli imprenditori. Siamo di fronte a situazioni di disagio sociale, di disagio estremo, che portano a degli atti estremi. Abbiamo un top management in Italia molto privilegiato, abbiamo multipli elevati, che sono di 80, 70, 60 volte lo stipendio di un operaio, di un amministratore delegato. Questo la dice lunga sul modo di distribuire la ricchezza, è vero che due milioni di un amministratore delegato all’anno comportano oltre un milione e rotti di tassazione, ma non è una giustificazione per dire che l’amministratore delegato deve essere pagato molto di più di un impiegato normale. Quindi ci vuole un po’ di moralità , bisogna ricordare, che sia la Banca d’Italia, lo Stability Board, che la Consob hanno emesso una serie di nuove norme che impongono una maggiore trasparenza alle aziende e alle retribuzioni delle aziende quotate in borsa e qualche movimento iniziamo a vederlo. Analizzando negli ultimi anni i bilanci delle aziende quotate in borsa e soprattutto dei comitati di remunerazione, abbiamo scoperto che c’è una presenza multipla di molte persone in più consigli di amministrazione e vengono retribuite due, tre, quattro volte. Quando parliamo di 700 mila Euro di stipendio medio di un direttore generale o di un amministratore delegato non possiamo rilevare quante sono queste retribuzioni, se questi signori sono presenti in più consigli di amministrazione. I dipendenti della amministrazione pubblica negli ultimi anni non hanno avuto incrementi retributivi significativi, vi è stato uno sforzo per variabilizzare una parte della retribuzione. La cosa da dire sulla pubblica amministrazione è che il problema non sono gli stipendi alti del top management, ma sono i “meno uno“, i “meno due“, tutta quella quantità di dirigenti che nei vari ministeri e direzioni generali hanno retribuzioni molto elevate. Un’azienda privata non potrebbe mai permettersi questa quantità in termini di numero e anche di valore. Poiché la retribuzione media di un dirigente nel pubblico è di 90 mila Euro, se non di più, la quantità di queste persone assorbe una elevata quota delle risorse a disposizione, molte volte abbiamo visto che non c’è corrispondenza tra retribuzione e attività e contributo che queste persone poi danno alla funzione che ricoprono.
Mario Vavassori<: Negli ultimi 10 anni c’è stato un grande calo del potere d’acquisto, in 10 anni, non abbiamo migliorato la produttività, però nello stesso tempo le retribuzioni sono diminuite di molto, la battaglia con l’inflazione è stata persa in modo evidente. Qualche esempio:
Un operaio nel 2002 prendeva uno stipendio di 18 mila e 500 Euro, nel 2012 un operaio prendeva uno stipendio di 22 mila e 500 Euro, sono circa 4 mila Euro di incremento, ma l’inflazione ha portato via il 24% di incremento. Il risultato finale è che un operaio ha perso l’8% di potere di acquisto. La stessa cosa è capitata ai dirigenti, le due parti più estreme di un organizzazione, operaio e dirigente, hanno avuto lo stesso andamento. Chi ha sofferto di più sono gli impiegati, che hanno una composizione molto vasta e varia, però il loro andamento medio è stato il peggiore, hanno perso oltre il 10% di potere di acquisto. La tassazione è stata imparziale da questo punto di vista, nel senso che ha colpito tutti.
Walter Passerini: E’ notizia di questi giorni il distacco delle cedole per le società quotate, i dividendi che vanno agli azionisti sono più di 12 miliardi di Euro, quindi i soldi ci sono, vanno scovati, bisogna iniziare, parliamo di fisco, a pensare non a mini-patrimoniali, ma forse a medie o maxi patrimoniali. Il problema è che nel frattempo il circuito lavoro, stipendio, pensione, consumi sta dando pessimi risultati, abbiamo bisogno di dare ossigeno agli stipendi degli operai e impiegati perché possano aderire a consumi migliori e maggiori, bisogna sgravare le piccole, imprese, gli artigiani, dai costi del lavoro che sono eccessivamente elevati. Dare ossigeno alle persone, significa reinnestare il circuito virtuoso, tra lavoro, stipendi, pensioni consumi.
Mario Vavassori<: La condizione, fondamentale è che riprenda il lavoro, come elemento di produzione di ricchezza, se aumentiamo la produzione di ricchezza riusciremo a distribuirla in modo più equo, riusciremo a accantonarla per la pensione e a costruire quel circuito positivo che ci consente di essere fiduciosi nel futuro.
Mario Vavassori: I lavoratori dipendenti sono 15 milioni, in totale gli occupati sono 23 milioni di cui 8 milioni liberi professionisti, partite Iva, ma che non hanno un sostituito di imposta che garantisce un’entrata allo Stato, devono auto dichiarare devono dichiarare la loro ricchezza. Il dipendente rappresenta un’entrata certa e quindi si lavora molto su questi 15 milioni di dipendenti,
Tra l’altro categorie come i giovani avvocati, i giovani commercialisti, i giovani notai non arrivano a 10 mila Euro per gran parte della loro vita, fino ai 35 anni, non arrivano a mille Euro al mese, sono liberi professionisti poveri, e questo è un problema enorme.
Mario Vavassori: Sono quelli che dovranno lavorare fino a 75 anni per andare in pensione. Andranno in pensione per 5 anni se va bene, o per 10 anni! C’è un dato demografico molto importante nell’analisi degli stipendi e della popolazione: l’invecchiamento della popolazione. Abbiamo avuto un incremento del 20% della popolazione oltre i 60 anni e un decremento del 17% della popolazione fino a 15 anni. Siamo diventati una popolazione vecchia, che lavora di meno, perché dopo i 60 anni si lavora meno. L’altro elemento critico è che l’ attività di un anziano viene retribuita molto di più oggi, questo elemento mette nelle condizioni le persone di avere più ricchezza nel momento in cui serve meno e non averla nel momento in cui serve. Va ripensato il mix della retribuzione legato all’età, al periodo di maggiore performance. Le stagioni della vita di una persona vanno riviste alla luce di questo invecchiamento cosiddetto “attivo“. Passate parola.