di Marco Bazzoni, operaio metalmeccanico e Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza Nessuno ne parla quasi più (politica, istituzioni, sindacati, mezzi d’informazione) , ma il dramma delle morti sul lavoro continua inesorabile. Persino l’Inail si è accorta che nel 2015 sono aumentate le morti sul lavoro.
Badate bene, le denunce di infortunio mortale, non le morti sul lavoro riconosciute, per quelle bisognerà aspettare il Rapporto Annuale sugli infortuni e morti sul lavoro che verrà reso pubblico i primi di Luglio (come avviene ogni anno). L’ex operaio Carlo Soricelli, direttore dell’Osservatorio indipendente di Bologna sulle morti sul lavoro, lo va dicendo da anni che le morti sul lavoro ogni anno sono in continuo aumento, ma il suo grido cade nel vuoto, perchè nessuno lo ascolta.
Nel 2015 (dati Osservatorio Indipendente di Bologna) ci sono state oltre 1400 morti sul lavoro e nel 2016 (dati aggiornati al 31 Marzo 2016) siamo già a oltre 320 morti sul lavoro. Le chiamano “stragi nell’indifferenza” e mai parole furono più vere.
Ci sono alcune vergogne di cui nessuno parla, e che sono inaccettabili:
1) L’Inail ogni anno ha un avanzo di bilancio annuale e questi soldi invece di essere spesi per aumentare le rendite ai familiari e alle vittime del lavoro, vengono depositati presso un conto infruttifero della Tesoreria dello Stato e usati dallo Stato Italiano per ripianare i debiti.Questo tesoretto Inail ammonta a circa 27 miliardi di euro.
2) L’articolo 85 del Testo unico 1124/1965 prevede che hanno diritto alla rendita a superstite, in caso di infortuni mortali, coniugi e figli e, se assenti, gli ascendenti viventi e a carico del defunto, che contribuiva quindi al loro mantenimento”. Tradotto, non hanno diritto alla rendita, ad esempio quei genitori delle vittime del lavoro che non risulti ricevessero contributi al mantenimento, dal loro caro ammazzato dall’insicurezza nei luoghi di lavoro. Nessun risarcimento per chi ha visto il proprio figlio sfiancarsi per mantenere il proprio posto di lavoro precario, umiliarsi con il proprio “padrone” per non rischiare di perdere il lavoro, ed infine essere ucciso da quello stesso lavoro che non voleva o non poteva permettersi di lasciarsi sfuggire.Ma solo un misero assegno una tantum di rimborso spese funerarie di euro 2.136,50.
Oramai ci sono abituato, ma permane in me, ancora un barlume di speranza, speranza che qualcuno possa cambiare in meglio le cose.
Altrimenti la mia lettera, come le tante altre che ho scritto, cadrà, come si suol dire “nel vuoto“.