di Fabio Massimo Castaldo e Ignazio Corrao “Solo quando avrete inquinato l’ultimo fiume, abbattuto l’ultimo albero e pescato l’ultimo pesce, solo allora vi accorgerete di non poter mangiare il denaro accumulato nelle vostre banche.” – Anonimo nativo americano Siamo alle solite: interessi privati, diritti calpestati, inquinamento e devastazione vanno a braccetto, nel nome di un’economia del petrolio che oggi è più che mai un modello da superare. In questo caso, però, non siamo di fronte solo a una gravissima minaccia ambientale, ma anche a una delicata questione sociale e culturale. L’oleodotto, infatti, attraverserebbe i territori dei nativi americani della nazione Lakota Sioux Hunkpapa, devastando siti archeologici e luoghi sacri che i nativi dedicano da sempre alle sepolture. Ora la palla passa a un giudice federale che, nei prossimi giorni, attorno al 9 settembre, si dovrà esprimere sull’oleodotto. La pressione mediatica negli USA è salita enormemente: il New York Times ha dedicato al movimento NO DAPL una prima pagina, innumerevoli trasmissioni si stanno susseguendo su tutti i maggiori canali televisivi, e sono decine gli appelli rivolti al presidente Obama, che potrebbe fermare la costruzione dell’oleodotto e che ha spesso dichiarato, almeno in campagna elettorale, che non avrebbe abbandonato gli abitanti originari delle Americhe. Come puoi aiutare? Segui le pagine di supporto al movimento No DAPL sui social network
Accade in Italia, con lo SbloccaItalia del fossile governo Renzi, e rischia di accadere a breve anche negli Stati Uniti. Tra il North Dakota e l’Illinois, infatti, la compagnia petrolifera Enbridge ha in progetto di costruire il North Dakota Access Pipeline, un oleodotto che servirebbe a trasportare il petrolio passando sotto il fiume Missouri e altri corsi d’acqua.
E’ evidente che si tratta di un progetto folle, che metterebbe in gravissimo pericolo risorse idriche a disposizione di milioni di persone. E ricordiamo che questo rischia di avvenire in un Paese dove per anni è stato praticato il fracking, cioè l’estrazione di idrocarburi tramite esplosioni sotterranee che causano terremoti e inquinamento delle falde acquifere.
Già nel 1868, il governo statunitense si impegnava con il Trattato di Fort Laramie a “garantire per sempre l’utilizzo indisturbato delle risorse idriche” ai nativi, ma evidentemente gli interessi di una compagnia petrolifera prevalgono sulla tutela dell’ambiente, sui diritti umani, sull’utilizzo dell’acqua da parte di milioni di cittadini.
Le proteste contro questo tentato sopruso vanno avanti da mesi e hanno dato vita al movimento NO DAPL (NO Dakota Access PipeLine). Ci sono state proteste pacifiche, preghiere dei nativi, supportati da Amnesty International, dal movimento Black Lives Matters e da personalità come Leonardo Di Caprio, Susan Sarandon e Shailene Woodley, protagonista di Divergent. Migliaia di persone (si calcola più di 3000 solo nel campo di Standing Rock, ma ce ne sono molti altri) hanno partecipato e continuano a partecipare alle manifestazioni: si tratta di nativi giunti da tutti gli Usa e dal Canada e riuniti in un sit-in permanente e pacifico, il più grande raduno di Nativi Americani da decenni. Persino i Crow, tradizionali nemici dei Lakota, hanno voluto unirsi a loro in quello che è diventato un momento fondante per ritrovare identità culturale ed etnica in una grande battaglia comune di civiltà. Quando si tratta di rispetto per i diritti, per la vita e per la Terra, certe culture sanno andare oltre le divisioni e lottare insieme per un interesse superiore. A testimonianza di questo, molti cittadini americani di ogni etnia stanno dando il loro contributo in difesa della Terra e dei corsi d’acqua.
Purtroppo le aziende petrolifere hanno dalla loro parte il nulla osta del Genio Militare e l’appoggio della polizia e dello sceriffo, che stanno quindi tutelando interessi privati e non la salute pubblica e l’ambiente. Per ora solo un forte temporale, che ha danneggiato le abitazioni di alcuni lavoratori dell’oleodotto, ha costretto la compagnia a sospendere i lavori.
E in questa vicenda si è ripetuto un sopruso storico: è incredibile che nel 2016 abbiamo dovuto assistere al triste spettacolo di decine di arresti di nativi americani per violazione di domicilio all’interno della loro stessa riserva!
Anche in questo caso, si è verificato quello che Gandhi affermava: “prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono. Poi vinci.” La stampa statunitense si è comportata infatti come spesso fanno i media italiani, nel caso di movimenti di cittadini che si uniscono per contrastare progetti scellerati, dal TAV Torino-Lione al Muos in Sicilia: prima la protesta è stata ignorata, poi definita “criminale“. Anche la campagna elettorale americana è stata coinvolta, con il governatore del North Dakota Jack Dalrymple, consigliere di Donald Trump, che è arrivato persino a tagliare l’acqua nel luogo dove si concentra il sit in di protesta per cercare dissuadere i manifestanti. Ed è spuntata una notizia interessante: il governatore, insieme ad altri sostenitori dell’oleodotto, risultano chiaramente in conflitto d’interessi, dal momento che possiedono quote nella società che porta avanti il progetto.
Comunque vada, per i nativi americani una cosa è chiara: non hanno nessuna intenzione di cedere, a meno che il progetto dell’oleodotto venga ritirato. C’è una cosa che colpisce nel loro messaggio, semplice e fortissimo allo stesso tempo: non stanno protestando, stanno proteggendo. Questa non è solo una battaglia per loro, per le loro terre, ma è uno sforzo che fanno per tutti i cittadini americani, e per l’ecosistema legato al Missouri e agli altri corsi d’acqua, gli animali e le piante che considerano sacre. Per i Lakota Hunkpapa, la Terra, l’ambiente non sono risorse da sfruttare all’infinito, ma qualcosa di sacro: lì risiedono gli Spiriti degli Antenati e le Forze della natura.
Facebook: No Dakota Access / Camp of the Sacred Stone.
I Lakota Hunkpapa chiedono di divulgare la notizia. Per sostenere le spese del sit-in permanente (tra cui cibo e altre spese) e gli oneri legali delle persone arrestate hanno bisogno di tutto l’aiuto possibile.
Donazioni per i Lakota Sioux di Standing Rock: http://standingrock.org/
Donazioni per le spese legali: https://fundrazr.com/d19Af
Puoi anche firmare la petizione online: