di Beppe Grillo
Dario non era semplicemente un uomo libero, era la libertà incarnata. Un uomo fortunato di virtù che lo divertivano, coronate da un’insaziabile curiosità. Descrivere una perdita così è straziante quanto impossibile; l’ultima cosa che abbiamo perso è il Dario premio Nobel, la prima è l’esempio di un modo grandioso di interpretare la propria umanità, che ci ha sempre regalato a piene mani. La sua determinata esplorazione delle cose del mondo lo faceva straripare dalla commedia alla letteratura, dalla vita alla pittura. Dario era capace persino di avere un dialogo con Gianroberto! Avrebbe messo a suo agio anche una talpa in pochi giorni abbiamo scritto un libro a 6 mani insieme a lui e Gianroberto: “Il grillo canta sempre al tramonto“. La loro intesa fu immediata ed ha continuato a vivere con gioia, oramai solo nella mia mente.
Ci ha lasciati dipingendo con la mente i colori sopra il grigio dei protocolli di un ospedale, ha continuato a dipingere e sorridere sino a quell’ultimo istante, che proprio Dario mi fa dubitare esista realmente.
Siamo orfani di una persona eccelsa e illimitata che sapeva ritrarre l’Italia senza meschine riverenze alle nostre manchevolezze. Ha ritratto l’uomo semplice rendendo nobili gli angoli più strani della personalità di un popolo: non ci ha giustificati ma neppure glorificati. Ci chiedeva a gran voce di essere, semplicemente.