di Marcello Foa
Attenzione, lo scontro tra la Russia e gli Stati Uniti ha raggiunto il livello di guardia. Quella in corso è di fatto già una guerra, indiretta, combattuta per interposta persona, dunque tramite Assad da una parte e i fondamentalisti islamici dall’altra. L’Isis, come sappiamo, è solo un pretesto: se volessero distruggerelo davvero ci sarebbero già riusciti. Ma c’è dell’altro: Washington è determinata a piegare la resistenza di Putin in Siria e a più ampio raggio anche a Mosca. Il vero obiettivo della Casa Bianca è proprio il capo del Cremlino, che è considerato come il maggiore ostacolo al disegno di dominio euroasiatico. “He must go”, ripetono a Washington.
Putin lo sa e per questo resiste in Siria. Vuole dimostrare al mondo di saper tener testa alla Casa Bianca e di saper rispettare le alleanze anche fuori dai confini. Combatte per Assad ma anche, forse soprattutto, per se stesso: per non essere costretto a cedere a Mosca. Leggete attentamente la dichiarazione diramata ieri dal Cremlino:
Putin chiede che gli Stati Uniti abbandonino «la politica ostile» nei confronti della Federazione Russa, intendendo con questo: l’abolizione della cosiddetta Legge Magnitskij (sanzioni decise a Washington contro i protagonisti del caso dell’avvocato Serghej Magnitskij, morto in carcere a Mosca nel 2009) e delle sanzioni imposte per il ruolo assunto dai russi nella crisi ucraina ; e la «compensazione dei danni subìti dalla Federazione Russa come conseguenza delle sanzioni». Tutto questo, ha commentato il ministero degli Esteri russo, è un monito rivolto all’America, che «non può trattare la Russia da una posizione di forza».
Mosca, è scritto nella dichiarazione, è pronta a riprendere l’implementazione delle intese nucleari se Washington «eliminerà completamente le ragioni dello squilibrio politico, militare ed economico nel mondo. I passi che la Russia è stata costretta a compiere non intendono peggiorare le relazioni con gli Stati Uniti. Vogliamo che Washington capisca che non puoi con una mano introdurre sanzioni contro di noi, relativamente indolori per gli americani, e con l’altra mano continuare a cooperare nei settori in cui fa comodo. L’amministrazione Obama ha fatto di tutto per distruggere l’atmosfera di fiducia che avrebbe incoraggiato la cooperazione».
Mosca delinea con straordinaria chiarezza la propria posizione, dice a Washington che è finito il tempo dei distinguo diplomatici e che non accetterà il doppio linguaggio di Washington. O la pace è globale e totale o non se ne fa nulla.
La crisi è giunta a un punto molto critico. C’è da preoccuparsi. E tanto.