di Rosa D’Amato, EFDD – M5S Europa
I veleni dell’Ilva non si fermano a Taranto. Solo lo scorso novembre, ben 32mila tonnellate di polverino prodotto dall’acciaieria sono state trasferite in Sicilia, per essere smaltiti in una zona già ad elevato rischio ambientale, quella di Augusta, Priolo e Melilli. Puglia e Sicilia sono sempre più pattumiere d’Italia. Anche se ora sembra ci sia uno stop di questa assurda pratica a seguito di numerose proteste delle associazioni ambientaliste, i problemi reali restano irrisolti.
È arrivato il momento di dire basta una volta per tutte, almeno per rispetto di quei bambini colpiti, nel Tarantino come nel cosiddetto triangolo della morte siciliano, da tumori e malformazioni neonatali. La soluzione c’è ed è una sola: la chiusura dello stabilimento che produce ogni anno 4.000 tonnellate di polveri, 11.000 tonnellate di diossido di azoto e 7 tonnellate di acido cloridrico. A causa di queste emissioni nocive, tra il 1998 e il 2010, sono morte 386 persone, 237 sono state colpite da un tumore maligno, 247 ricoverate per problemi coronarici, 937 per problemi respiratori.
Chiudere l’Ilva significa avviare una riconversione produttiva del territorio, una nuova visione della città, un lavoro di bonifica che metta fine al degrado ambientale. E significa anche smettere di produrre rifiuti come il polverino che creano ulteriori danni alla salute e all’ambiente del Paese. In questa battaglia il Movimento 5 Stelle sta facendo pressioni a tutti i livelli, da Bruxelles a Roma, da Taranto alla Sicilia. L’Ilva è un ecomostro insostenibile non solo per il nostro territorio, ma per l’intero Paese. E l’Europa deve smetterla di voltarsi dall’altra parte: qui in gioco c’è la vita delle persone.
Il Movimento 5 Stelle chiede che le direttive europee che tutelano la salute dei lavoratori e dei cittadini vengano applicate. Le informazioni messe a disposizione della Commissione europea hanno infatti evidenziato come l’impianto operi in violazione di diverse condizioni di autorizzazione tese a evitare o ridurre l’inquinamento derivante dai processi di produzione. Le misurazioni hanno mostrato un grave inquinamento non solo dell’aria, ma anche dell’acqua e del suolo.
Se l’Ue vuole tornare a essere una speranza per i cittadini, a Taranto può avere una grandissima occasione: quella di farsi motore di un’operazione di riconversione del territorio sul modello di quanto fatto altrove nella stessa Europa. Si può fare, le risorse e le buona pratiche ci sono: occorre solo la volontà politica.