di Eleonora Evi, EFDD – Movimento 5 Stelle Europa
Lo avevamo denunciato ad ottobre dello scorso anno. Meglio tardi che mai, anche se ci sono voluti i controllori USA per fare luce sull’inquietante vicenda del “dieselgate italiano”. Le authority statunitensi sarebbero infatti pronte ad accusare la casa automobilistica Fiat Chrysler per aver falsato i dati sulle emissioni. Il Movimento 5 Stelle, grazie ai suoi portavoce al Parlamento europeo, aveva già deciso di rendere pubblico l’imbarazzante rapporto sul comportamento emissivo di alcune vetture.
Questo “studio” è stato consegnato, dopo numerose insistenze, dal Ministro Graziano Delrio alla Commissione EMIS. È un documento scandaloso, che rasenta il ridicolo. Il Governo italiano ha tentato di prendere in giro i parlamentari europei destinatari del dossier, cercando di scagionare in particolare il produttore FCA con a capo Sergio Marchionne. Ma il circo è destinato a concludersi.
COSA ERA CONTENUTO NEL REPORT?
Tanto per cominciare, si può affermare che la Commissione europea abbia perso l’ennesima buona occasione per indicare una metodologia univoca da far seguire per le misurazioni. Il Governo italiano si è voluto spingere oltre: se gli altri Paesi hanno adottato strumenti quantomeno omogenei, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha trattato le vetture in modi diversi, occultando scientificamente i dati più scomodi. Non solo, fisicamente le automobili sono state testate in stabilimenti diversi. Ad esempio, le Fiat in quelli della FCA di Torino: alla faccia del conflitto d’interessi.
Nel report in questione si dice siano stati analizzati 15 veicoli, come dicevamo solo 8 di questi al CNR. I cicli utilizzati per le prove sono stati: “NEDC a freddo” e “caldo”, “NEDC invertito” e “Urban”. A figura 14 si dividono due grandi gruppi: da una parte FCA, dall’altra il resto. Qui compaiono per la prima volta i nomi delle vetture relativi alle emissioni di ossidi di azoto, ma viene completamente persa traccia della quindicesima macchina. Ebbene, con i test a caldo tutte le automobili Fiat superano il limite del 200% o anche 300%: parliamo della Panda 1.3, dell’Alfa Romeo Giulietta 2.0, del Doblò 1.3, della Giulietta 1.6, della Jeep Cherokee 2.0, della Lancia Y 1.3 e della Fiat 500L. Sono le performance peggiori in assoluto.
Compare poi un dato che rappresenta il rapporto tra i test effettuati a caldo e freddo, e tra quelli inverso e freddo. In questa fase scompaiono del tutto l’Alfa Romeo 1.6, la Lancia Y e la Jeep Cherokee, ovvero la vettura che aveva segnato i valori più alti fino a quel momento. Si entra ancora nel dettaglio delle macchine non Fiat, riportando i valori coi cicli a caldo, freddo, inverso e Urban. Ma proprio l’Urban, misteriosamente, scompare dalle italiane, per lasciare il posto a un nuovo ciclo inverso a caldo (mai apparso prima), abbellito da voluminosi cerchi rossi.
Come ciliegina sulla torta, nell’ultimo grafico è assente dalla Fiat 500 e dal Doblò anche l’ultimo ciclo inserito. Il report si chiude con le prove su pista, dove le italiane superstiti sono appena quattro. Per tutte le macchine non Fiat è stato studiato il rapporto tra temperatura esterna e percentuale di attivazione del dispositivo EGR (una tecnologia per abbattere gli ossidi di azoto). Per FCA, invece, si segue lo stesso copione: l’omissione del dato.
Questo imbarazzante report avrebbe dovuto destare molte polemiche, invece è sprofondato nel nulla delle finte strette di mano tra il Governo italiano e Sergio Marchionne. Peccato che la credibilità dell’Italia a livello internazionale, la qualità dell’aria che respiriamo e di conseguenza la nostra salute, come al solito, vengono all’ultimo posto.