di MoVimento 5 Stelle Europa
intervista alla portavoce Eleonora Evi, su Business Insider
Troppo peso ai singoli Stati, lobby invadenti e nessun reale potere all’Agenzia europea dell’ambiente. E così l’Europa si trova sempre a inseguire gli Stati Uniti, persino su un tema caldo come quello dell’inquinamento. Solo così si spiega come mai il dieselgate di Volkswagen sia esploso sull’altra sponda dell’Atlantico e nel Vecchio continente sia quasi riuscito a passare sottotraccia. Negli Usa, la casa tedesca ha pagato quasi 20 miliardi di dollari, in Europa le multe dei singoli stati ammontano a poche decine di milioni di euro e la Germania – nonostante le pressioni di Bruxelles – non ha neppure aperto un’indagine. Peggio: gli stessi tedeschi che per la madre di tutte le truffe (VW utilizzò un software illegale e nascosto per truccare i dati sui consumi reali delle sue auto) hanno girato la testa dall’altra parte, adesso vorrebbero che l’Italia usasse il pugno di ferro con il dispositivo usato alla luce del sole da FCA per controllare l’inquinamento dei suoi veicoli.
Il problema delle auto e delle loro emissioni nocive è quindi alla radice: in Europa non esiste un’autorità come l’americana Epa che possa controllare la conformità dei veicoli su strada. Si tratta, infatti, di materia di competenza esclusiva dei singoli Stati e ad effettuare i controlli sono le stesse autorità che concedono le omologazioni ai modelli di auto. “E così, quando una casa automobilistica ha ottenuto l’omologazione dei suoi modelli in uno Stato membro, nessun altro può intervenire” spiega Eleonora Evi, eurodeputata del Movimento 5 Stelle e membro della commissione d’inchiesta sulle misurazioni delle emissioni nel settore automobilistico (Emis).
“In sostanza – continua Evi – se la Francia avesse problemi con un modello Fca omologato in Italia non potrebbe fare nulla“. Ed è esattamente quello che sta accadendo in Germania con il governo di Berlino che preme sulla Commissione europea perché intervenga sull’Italia: “Le autorità italiane sapevano da mesi che Fca, nell’opinione dei nostri esperti, usava dispositivi di spegnimento illegali” ha detto il ministro dei Trasporti tedesco, Alexander Dobrindt. Per questo a Bruxelles si sta pensando di aprire un tavolo tra Roma e Berlino sulla questione con la Commissione nel ruolo di mediatore, ma i rapporti tra le parti sono tesi.
Nel frattempo, sul tavolo delle riforme in Europa si discute di come cambiare la procedura per le omologazioni; quanto investire sull’agenzia unica europea e quanto potere lasciare ai singoli Stati, “ma le resistenze sono molte con tanti Paesi che temono di cedere la loro sovranità” aggiunge Evi. Dal punto di vista tecnico a decidere i limiti delle emissioni è già l’Unione europea, ma la vittoria delle lobby automobilistiche risale al 2007 quando riuscirono a ottenere test che gli esperti definivano vecchi già allora (dalle rilevazioni in una stanza di laboratorio asettica alla possibilità di ricorrere a piccoli trucchi come quello della pressione degli pneumatici per ridurre le emissioni). Insomma le istituzioni europee sono a conoscenza da anni di aver dato il via libera alla circolazione di veicoli che non rispettano i limiti imposti: addirittura alcune Ong stimano che l’80% dei veicoli diesel in circolazione non siano conformi alla regole.
“Eppure – rilancia l’onorevole dei 5 Stelle – le tecnologie per avere motori puliti che rispettino i limiti esistono. Certo costano e l’impatto sarebbe soprattutto sulle utilitarie e le auto di piccola cilindrata, ma è un problema che dovrebbero risolvere le case produttrici“. Le stesse che lo scorso anno hanno incassato da Bruxelles il via libera a inquinare di più. E sì perché dal 2017 i test sulle auto non si faranno più in laboratorio, ma in strada e in cambio le emissioni potranno essere 2,1 volte superiori a quelle attuali fino al 2020 e 1,5 volte dopo. In sostanza si sposta in avanti un problema, quello dell’inquinamento, che ogni anno causa in Europa 480mila morti premature.
Per gli addetti ai lavori, quindi, l’Unione europea cerca di mettersi in regola per il futuro, ma non sembra aver intenzione di intervenire sulle auto già in circolazione (il 60% circa dei veicoli europei sono alimentati a diesel). “Le responsabilità sono molteplici – conclude Evi -. Ci sono gli Stati membri prigionieri del conflitto di interessi tra chi omologa e chi controlla; ci sono le lobby che sfruttando il tecnicismo della materia impediscono alla politica di intervenire e c’è la Commissione Ue. Quando Antonio Tajani era commissario all’industria procrastinò le decisioni sul dieselgate e ignorò le segnalazioni arrivate da Danimarca e Polonia. Probabilmente gli incentivi che aveva promesso per investire sulle tecnologie pulite soni stati utilizzato per aggirare i test in laboratorio“.
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Intanto, su Antonio Tajani – il nuovo presidente del Parlamento europeo – si allunga l’ombra del dieselgate come denunciato dal Movimento 5 Stelle. Qui due articoli che spiegano la vicenda:
Ottobre 2016. Eleonora Evi annuncia la pubblicazione dello scandaloso rapporto Delrio, oggi al centro del dibattito (qui tutti i dettagli svelati dal M5S mesi fa):