di Nicola Morra
Porto di Gioia Tauro: nel totale disinteresse della “Politica” si sta consumando il dramma di 400 lavoratori portuali -su un totale di poco meno di 1300 -, per una realtà che garantisce da sola oltre il 50% del PIL privato regionale e che rischia di diventare l’ennesima cattedrale nel deserto nel giro di pochi anni ormai.
Dal primo marzo i lavoratori del porto di Gioia Tauro hanno incrociato le braccia per difendere il futuro di 400 famiglie che fra meno di un mese riceveranno una lettera di licenziamento dal monopolista Medcenter. Il Governo ha proposto il riassorbimento dei portuali da parte della istituenda “Agenzia per la somministrazione del lavoro portuale”, ma ciò garantirà per soli 3 anni questi lavoratori, oltretutto con dimezzamento del salario. E se il Ministro Del Rio non nominerà il vertice dell’Autorità di sistema portuale relativa, quest’Agenzia, rimanendo acefala, non potrà mai gestire questa vertenza. Nel frattempo il pomeriggio del 6 marzo l’assemblea dei portuali ha deciso la sospensione dello sciopero, dando fiducia all’iniziativa del Prefetto di Reggio Calabria che ha convocato un tavolo di trattativa tra le parti per il 13 pomeriggio prossimo.
La soluzione della vertenza si presenta come il classico esempio di come il privato possa scaricare sul pubblico i suoi costi produttivi, come se non sia bastato concedere a Medcenter il monopolio delle attività sulla banchina e sui moli.
Il S.U.L. ed i lavoratori, con dati oggettivi, hanno provato a ridimensionare il numero dei tagli arrivando a proporre anche dei” patti di solidarietà interna” per salvare il posto ai colleghi. La Medcenter fino ad oggi non ha però mai inteso ridiscutere il numero dei licenziamenti, e l’impressione è che se non si accenderanno i riflettori a livello nazionale il destino dei lavoratori sia ormai segnato. Tanto della Calabria, come del Sud, si interessano ben pochi, e poi comunque ci si dimentica.