di Isabella Adinolfi
Un terzo dei cittadini europei si dichiara non interessato alla cultura. Un dato spaventoso che evidenzia quanto poco sia stato fatto a livello comunitario per quello che dovrebbe essere uno dei pilastri dell’Europa. Le cause non sono facilmente ascrivibili, sicuramente l’attenzione della UE è troppo spesso focalizzata su tematiche che dividono i popoli invece che unirli. Uno su tutti l’economia, materia senz’altro fondamentale ma che da sola non spiega il senso di quella che dovrebbe essere “l’unione delle diversità”. Dobbiamo trovare un equilibrio tra la missione primaria dell’istituzione culturale (che è quella di conservare, promuovere e diffondere cultura) e le nuove funzioni organizzative (che dovranno essere sempre più efficienti e produttive). È un obiettivo che ci dobbiamo prefiggere e raggiungere. Abbiamo chiesto ad alcuni esperti di dire la loro su come ottenere questo risultato e ripartire dalla cultura.
Isabelle Vanhoonacker – Head of Educational Department Royal Museum of Fine Arts of Belgium
Il posto della cultura in Europa non è oggi quello che le compete. Il Parlamento europeo può giocare un ruolo in questo, e può insistere sull’importanza della cultura e del suo ruolo economico, attraverso l’introduzione di leggi. Il patrimonio italiano è enorme. Gioca un ruolo enorme in Europa, perché molti stranieri arrivano in Italia per questo. Penso che l’Italia dovrebbe giocare un ruolo importante, ma assieme agli altri, condividendo i migliori esempi. Perché ogni Paese ha sviluppato il suo modo d’intendere la cultura, se riuscissimo a condividere potremmo svilupparci ed evolvere più velocemente. Perché dobbiamo adattare la nostra società, che si evolve a una velocità altissima.
Cristina Da Milano – membro del board Culture Action Europe
Un terzo dei cittadini Europei si dichiara non interessato alla cultura. Come si inverte questa tendenza? C’è un problema di riconoscimento del valore sociale della cultura ed è un problema che l’Unione Europea sta affrontando. La Commissione Cultura ha dato vita a uno studio sul “Audience Development“, un ambito di studi e di ricerche e anche di strategie finalizzato a mettere al centro delle istituzioni culturali il pubblico. Per recuperarlo è necessario che le istituzioni culturali mettano al centro delle loro strategie il pubblico stesso. La comunicazione non deve essere un fatto accessorio. È chiaro che il compito principale, primario, è la conservazione, la tutela del patrimonio culturale in tutte le sue manifestazioni. Ma il passo immediatamente successivo dev’essere la promozione, la comunicazione, la valorizzazione, cioè far capire qual è il valore nella società contemporanea del patrimonio culturale. Se non riusciamo a fare questo scatto, perderemo sempre più d’interesse agli occhi dei cittadini Europei. E la concorrenza tra altri tipi d’intrattenimento, culturale o meno, è altissima.
Giovanna Barni – presidente Coopculture
Che ruolo può giocare l’Italia? L’Italia, essendo ricchissima di patrimonio culturale, con la caratteristica di essere diffuso nei territori, quindi non essere polarizzato soltanto nelle grandi città d’arte, potrebbe giocare un ruolo importantissimo. Naturalmente, parliamo di un patrimonio materiale e immateriale e farne una leva di crescita di sviluppo e d’inclusione sociale, di dialogo interculturale, e quindi diciamo qualcosa che valorizza il territorio ma nello stesso tempo è anche fattore di dialogo fra le nazioni, insomma di dialogo fra i popoli. Ecco, l’Italia potrebbe giocare questa scommessa importante ma è come se si fosse bloccata con la crisi. Non avendo sperimentato, non avendo ancora, diciamo, completamente sperimentato nuove soluzioni. Noi speriamo che si creino strumenti legislativi che possono “aprire“. Perché si tratta di aprire a nuove soluzioni dal punto di vista del modello gestionale.