di MoVimento 5 Stelle
Dopo l’imputazione coatta per falso in bilancio e manipolazione del mercato a carico di Alessandro Profumo e Fabrizio Viola, si apre una voragine nel sistema bancario e delle partecipate di Stato, che può diventare un buco nero per il governo in carica e per il ministro Padoan in particolare.
Andiamo con ordine e proviamo a spiegare cosa c’è di così importante in questa notizia che, naturalmente, viene dopo certe fake news come quella sulla spazzatura a Roma.
A guardare il curriculum di Profumo viene da pensare che si tratti dell’uomo giusto per tutte le occasioni. Banchiere passato da Unicredit (con 38 milioni di euro di buonuscita, un po’ troppo persino per banca d’Italia) a Monte dei Paschi, laddove lascia il 6 agosto del 2015 a Massimo Tononi. Membro cda Eni e appena nominato amministratore delegato di Leonardo ex Finmeccanica.
Già vedendo questi incarichi e tenendo presente le motivazioni dell’imputazione verrebbe da dire: “Fermi tutti. Caro Profumo, prenditi un giro di riposo”. Ma invece al ministero del Tesoro pare che questo Profumo lo vogliano a ogni costo. Addirittura Padoan ha modificato delle leggi giuste e sacrosante pur di averlo su quella poltrona.
Infatti è stato proprio l’attuale titolare delle Finanze a cambiare delle norme interministeriali che avrebbero reso il buon Profumo incandidabile per il ruolo di ad di Leonardo. Infatti sotto il governo Letta, il 24 giugno 2013, l’allora ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni emanò una direttiva contenente la cosiddetta “clausola di onorabilità” in relazione ai dirigenti delle società partecipate. Essa prevedeva per i manager l’ineleggibilità o la decadenza in caso di condanna anche non definitiva per quattro categorie di “delitti”, tra cui quelli legati alle norme sull’attività bancaria, finanziaria, mobiliare e assicurativa. Ma l’ineleggibilità o la decadenza erano previste anche in caso di rinvio a giudizio. Inoltre, secondo quella direttiva, il Tesoro avrebbe dovuto sempre tener conto, al momento delle nomine, del parere di un “Comitato di garanzia, costituito con carattere di stabilità e composto da personalità di riconosciuta indipendenza e comprovata competenza ed esperienza in materia giuridica ed economica”.
Ancora nel 2013, tra l’altro, con il M5S in Parlamento, il Senato approvò all’unanimità la mozione Tomaselli che prevedeva una stretta sui criteri delle nomine, rafforzando quindi i principi della competenza, trasparenza ed indipendenza.
Ma Padoan, per tagliare la testa al toro, il 16 marzo scorso ha varato il più becero e volgare dei provvedimenti, nel totale disprezzo di quanto espresso dal Senato, cassando con un colpo di spugna tutti i buoni propositi per avere gente onesta e competente a guidare le aziende di Stato. La nuova direttiva (n. di protocollo 20004) ha infatti annullato e sostituito la precedente.
Padoan ha cancellato i requisiti di onorabilità stabiliti dalla direttiva del 24 giugno 2013 e tolto l’assoggettamento al Comitato di garanzia composto “da personalità di riconosciuta indipendenza e comprovata competenza ed esperienza in materia giuridica ed economica”. Così il 18 marzo 2017, solo due giorni dopo, si è dato campo libero a Profumo. Un vero e proprio blitz.
Ricordiamo che il banchiere era già rinviato a giudizio per usura bancaria in un altro procedimento (prima di essere designato alla guida di Leonardo). Per falso in bilancio e manipolazione del mercato era solo in “odore” di rinvio a giudizio, in quanto la vicenda era ancora in valutazione dal Gup di Milano che poi ha confermato i capi d’accusa.
Per di più, Profumo non ha alcuna esperienza o competenza nel settore Aerospazio, Difesa e Sicurezza, ma esclusivamente una quarantennale carriera da banchiere che gli avrebbe impedito di ricevere il via libera dalla commissione di esperti. Commissione inopportunamente cancellata da Padoan.
Per questi motivi Profumo non poteva essere scelto quale Ad di Leonardo (ex Finmeccanica) e la sua nomina è illegittima. Oggi la situazione si è addirittura aggravata e sul groppone pesano altri due capi d’imputazione.
Cosa ne resta della credibilità internazionale del nostro Paese? Vogliamo davvero presentare dei rinviati a giudizio per aggiotaggio ai nostri partner e ai mercati internazionali? Questo è diventato il nostro Paese nelle mani del Pd? Verrebbe da dire che con Berlusconi c’erano le norme “ad personam”. Ora, con il Pd, ci sono le norme “ad banchierem”.
Per non parlare del compagno di tante battaglie di Profumo a Mps, cioè il buon Fabrizio Viola. Viola non è più al Monte dei Paschi. Ha liberato gli uffici di Rocca Salimbeni. Grazie al cielo. Un sistema bancario sano lo avrebbe mandato in vacanza da molti anni.
Invece il signor Viola è stato spostato dalla poltrona di amministratore delegato di Monte dei Paschi a quella di ad della Popolare di Vicenza. Da re dei crac a traghettatore dell’ennesimo disastro bancario dell’era Renzi.
Alle banche Venete serviranno circa 6 miliardi di euro dei soldi dei cittadini italiani ed europei per avere qualche chance di evitare il bail-in, cioè il salvataggio con i soldi dei correntisti e degli obbligazionisti.
Chi gestirà la delicata operazione? Chi contratterà con Padoan? Chi dovrà mettere a posto i conti delle banche Venete se non Fabrizio Viola, rinviato a giudizio per falso in bilancio? Viola è l’uomo giusto naturalmente. Aver portato Mps alla canna del gas gli ha dato le competenze migliori per fare il salto di qualità. Per meriti indiscutibili, sia chiaro. Ve li immaginate Padoan e Viola che mostrano il piano industriale a Bce e Commissione Europea per salvare gli istituti veneti?
Questi signori hanno mentito agli italiani su Monte dei Paschi, hanno mentito agli azionisti contabilizzando derivati come titoli di Stato. Hanno inventato i prospetti “pro-forma” e in base a quelli hanno chiesto 5 miliardi al mercato. La magistratura è arrivata in tempo, stimolata a dovere. Questi signori non possono essere premiati. Ora è la politica che deve trarne le conclusioni.
Via Viola dalla poltrona di ad di Banca Popolare di Vicenza.
E soprattutto via Profumo dal ruolo di amministratore delegato di una partecipata statale come Leonardo. Abbiamo depositato, sia alla Camera che al Senato, una mozione di sfiducia individuale nei confronti del ministro Padoan che ha reso possibile tutto questo.
Fuori dal governo chi vuole umiliare l’Italia. Salviamo le nostre imprese, il nostro orgoglio.