Non avevo visto in diretta la puntata di Otto e Mezzo di mercoledì 14 giugno, che vedeva protagonista Matteo Renzi interrogato oltre che dalla conduttrice Lilli Gruber dal giornalista Vittorio Zucconi. Me l’ha segnalata però un gruppo di giovani militanti del Pd, delusissimi e perfino infastiditi dalla performance del loro beniamino. Così ho visto la registrazione della puntata e non ho potuto dare loro torto. Una delle peggiori ospitate dell’ex premier, bulimico più del solito, incapace di staccare da vuoti slogan in risposte non all’altezza di un politico di livello, arrogante in ogni istante: non solo non rispondeva alle domande fatte, ma non ne lasciava proprio la formulazione…
Messo alle strette sugli insuccessi degli ultimi due governi sull’economia, Renzi ha provato ad uscirne sfoderando quello che credeva il suo asso nella manica: “Posso dirvi che ho visto la curva e finalmente dopo tanti anni negli ultimi mesi il rapporto fra debito pubblico e pil sta iniziando a scendere. E perché? Grazie alla nostra crescita ”. Nella puntata ne aveva già sparate grosse una dietro l’altra, ma il segretario Pd non immaginava che quest’ultima si sarebbe frantumata nel giro di poche ore. E’ bastata una notte e la favoletta del debito che scendeva si è schiantata sul muro del bollettino statistico di Banca di Italia.
A fine aprile il debito pubblico italiano ha toccato un nuovo record, raggiungendo 2.270,355 miliardi di euro. Dieci miliardi di euro più del mese precedente. Ma soprattutto 52,445 miliardi in più rispetto al dato consuntivo del debito pubblico al 31 dicembre 2016. Significa che in appena un terzo dell’anno solare il debito pubblico italiano che avrebbe dovuto scendere secondo tutti i trattati firmati e secondo i patti con la commissione europea scritti da Renzi e confermati dal suo successore Paolo Gentiloni (il ministro dell’Economia è lo stesso, Pier Carlo Padoan), è invece salito del 2,36%.
Sarà pure vero come ha detto Renzi che qualcuno gli avrà fatto vedere meravigliose curve (e ce ne felicitiamo con lui), ma è chiaro che quelle non avessero nulla a che vedere con le curve del rapporto fra debito pubblico e pil. Perché la famosa crescita italiana di cui si gloriano sia l’ex che il nuovo premier nello stesso periodo è stata di circa 7 volte inferiore (lo 0,4%). Quindi quel rapporto fra debito pubblico e Pil che è il vero tallone di Achille dell’economia italiana non solo non si è ridotto come avrebbe dovuto, ma è addirittura aumentato in maniera preoccupante. E infatti sembrano assai preoccupati i commissari europei, come con una certa diplomazia ha fatto capire il commissario Ue agli affari economici Pierre Moscovici, ricordando all’Italia che “deve rispettare i suoi impegni di finanza pubblica, perché è interesse comune che l’alto livello di debito pubblico sia progressivamente ridotto”.
Se fosse restato almeno allo stesso livello di prima, il rapporto debito/pil si sarebbe ridotto senza fare nulla (e infatti il governo Gentiloni non sta facendo proprio nulla) grazie a quella timida crescita che l’economia europea sta regalando all’Italia nonostante l’esecutivo invece di assecondarla addirittura la freni. Quell’1,2- 1,3 per cento di crescita corretto grazie all’ultimo intervento contabile dell’Istat è infatti il 26° dato sui 28 paesi in Europa: 25 crescono più dell’Italia, e solo due paesi fanno peggio. Non c’è proprio nulla di cui gloriarsi, quindi. Anzi: avremmo immaginato Padoan e Gentiloni ventre a terra per cercare di capire quali dei loro provvedimenti, o di quelli del governo Renzi che li ha preceduti, sta ostacolando la crescita dell’economia che se tutti loro fossero stati fermi non decidendo nulla sarebbe stata almeno il 50% superiore a quella registrata.
I dati di Bankitalia rivelano purtroppo che invece di eliminare gli ostacoli che loro stessi hanno messo alla crescita, ne stanno aggiungendo altri. Oltre la metà dell’incremento del debito nell’ultimo mese, e più del 75% da inizio anno è dovuta all’aumento del fabbisogno pubblico, e quasi interamente questo è dovuto agli sforamenti di spesa delle amministrazioni centrali. E’ chiaro che la spending review (altra favola raccontata da Renzi nella stessa trasmissione) è restata un capitolo vuoto nel bilancio pubblico italiano, e i dati raccontano come ad avere le mani bucate sia il governo centrale, e non quegli enti locali su cui spesso si scarica ogni colpa.
Mentre aumenta la spesa pubblica in modo così preoccupante crescono allo stesso ritmo pure le entrate tributarie: 28,9 miliardi nel solo mese di aprile e 120,9 miliardi di euro nei primi quattro mesi dell’anno, con un aumento del 2 per cento rispetto allo stesso periodo del 2016. Vero che le entrate fiscali crescono quando sale il pil, ma la crescita acquisita in quello stesso periodo è circa la metà (0,9 per cento) del dato sulle entrate. Quindi i numeri smascherano un’altra favola raccontata dall’esecutivo: è falso che le pressione fiscale (le tasse) sia diminuita, perché è aumentata a tasso doppio rispetto alla crescita…