Il servizio pubblico può ancora svolgere una funzione rilevante in una democrazia per fornire un’informazione indipendente e accompagnare la crescita culturale del Paese. Questo, però, a patto che se ne sancisca la piena indipendenza dalla politica, un obiettivo che può essere realizzato modificando il sistema di nomina dei vertici aziendali. Per questo siete chiamati a esprimervi sul modello di governance del servizio pubblico radiotelevisivo. Con tre opzioni: l’elezione parlamentare del cda con forti correttivi rispetto a oggi; il modello della fondazione che prevede la cessione delle azioni della Rai a un organismo terzo, che a sua volta avrebbe la funzione di nominare i vertici; e infine il modello presentato dal M5S in questa legislatura che prevede un avviso pubblico dell’Agcom (a sua volta riformata), precisi requisiti di competenza e cause di ineleggibilità, un sorteggio e audizione in Parlamento per il definitivo parere.
di Paolo Garimberti, presidente Euronews
Come giornalista, come ex presidente della Rai e attualmente come presidente del comitato editoriale di Euronews, che è una televisione pubblica europea, sono profondamente convinto che il servizio pubblico sia non solo utile, ma necessario, per questo sono lieto di dare il mio contributo di osservatore indipendente al dibattito promosso dal M5S proprio sulla riforma del servizio pubblico Radio Tv.
La domanda generale è: il modo in cui viene svolto dalla Rai oggi sia in termini di struttura sia di contenuti il servizio pubblico, risponde ai criteri virtuosi a cui dovrebbe rispondere, risponde alla sua mission?
Queste sono le domande. C’è l’aspetto molto importante della governance, che in tutti questi anni è stato oggetto di grandi dibattiti, di grandi discussioni, spesso anche inconcludenti, ma non si è arrivati al punto chiave che è sempre stato quello di dire “I partiti devono uscire dalla Rai”. Non è successo né prima, quando il cda Rai era composto da 9 membri quando io ero presidente era così, e si riuniva ogni settimana e si perdeva tantissimo tempo persino a discutere una singola fiction, se andava bene a una parte politica, meno bene a un’altra parte politica, era veramente una sorta di amministratore delegato collegiale che non faceva funzionare bene la Rai; né adesso con la legge Renzi che ha ridotto il numero dei consiglieri e li ha portati a 7, ha dato più poteri al direttore generale che di fatto è diventato una sorta di amministratore delegato.
Ma ha funzionato il sistema? Direi di no: ancora una volta il consiglio di amministrazione e il direttore generale sono in conflitto, il direttore generale è andato in conflitto col presidente è una storia vecchia anche quella, ma in termini molto forti come oggi raramente è accaduto.
Quindi a questo punto bisogna vedere come si può riformare la governance della Rai. Ci sono tre possibilità: c’è un sistema parlamentare con forti correttivi, c’è il sistema della fondazione e c’è quello del modello con avviso pubblico, sorteggio e parere parlamentare che è molto suggestivo, ma è anche complicato e forse in certi casi potrebbe essere anche rischioso. Io ho una opinione personale, che esprimo come osservatore indipendente: il modello che secondo me funziona meglio è quello storicamente identificato con il trust della BBC, cioè una fondazione composta da 12 membri, nominati dalla regina e dal Consiglio dei Ministri, ma soprattutto dopo un processo selettivo pubblico molto rigoroso. E qui uniamo un po’ il punto uno e il punto due, la fondazione e il modello suggerito dal M5S e cioè quello con avviso pubblico e sorteggio ed eventualmente parere parlamentare: un mix di questi due.
Il quesito a cui dovrete rispondere a proposito della governance è: quale modello di nomina del servizio pubblico volete che sia adottato? Il primo è il modello parlamentare con forti correttivi, il secondo il modello della Fondazione, e il terzo è il modello con avviso pubblico, sorteggio e parere parlamentare. I dettagli li troverete naturalmente nel contesto di questi tre quesiti.