di Dario Tamburrano, EFDD – M5S Europa
Manca una dimensione importantissima – quella sociale – alla proposta di regolamento per la governance dell’Unione dell’energia formulata dalla Commissione Europea nell’ambito del “pacchetto invernale sull’energia”. Abbiamo provveduto ad inserire nel regolamento l’importantissima anima sociale – insieme a vari altri indispensabili aggiustamenti – attraverso gli emendamenti presentati in commissione ITRE (Industria, energia e ricerca).
Nell’UE, un regolamento è un atto legislativo direttamente applicabile in tutti gli Stati membri: non c’è bisogno di trasporlo (recepimento) nella legislazione nazionale, come invece avviene per le direttive. Il regolamento per la governance dell’Unione dell’energia servirà per attuare sia l’Accordo di Parigi sul clima (diminuire le emissioni di gas serra in modo tale che il riscaldamento globale non superi nel 2050 i 2 gradi centigradi, e si fermi possibilmente a 1,5 gradi), sia le strategie dell’Unione dell’Energia nel decennio 2021-2030. Stabilisce le procedure con le quali gli Stati UE dovranno mettere a punto i rispettivi “Piani integrati per l’energia e il clima” e li obbliga a fornire periodicamente una valutazione degli impatti delle misure vigenti sulle emissioni di gas serra.
Monitoraggi e piani devono riguardare, stabilisce la proposta di regolamento, tutte le dimensioni europee dell’energia che secondo la Commissione Europea sono cinque:
– sicurezza energetica;
– mercato dell’energia;
– efficienza energetica;
– decarbonizzazione;
– ricerca, innovazione e competitività”.
Manca la dimensione sociale dell’energia, alla quale tuttavia fanno riferimento vari temi presenti in altre proposte legislative del “pacchetto invernale”: comunità energetiche, ruolo dei prosumer, povertà energetica. È una lacuna gravissima, che tradisce l’impostazione mercantilistica dell’intera politica UE attuale. Se non verrà colmata, aumenterà il solco tra UE e cittadini, specialmente quando apparirà chiaro che molti dei temi sociali presenti in altre parti del “pacchetto invernale” sono destinati a scontrarsi con i limiti imposti dal mercato, al quale le politiche ora seguite dall’UE accordano sempre la precedenza. E’ incredibile che la Commissione Europea non se ne sia accorta. A meno che non abbia volutamente non accorgersene.
Abbiamo pertanto provato a rimediare noi attraverso gli emendamenti presentati nella commissione parlamentare ITRE (Industria, energia e ricerca), nella quale la proposta di regolamento ha iniziato l’iter legislativo dal quale scaturirà la sua versione definitiva. E’ associata nell’esame la commissione parlamentare ENVI (Ambiente, salute pubblica e sicurezza alimentare; i relatori del regolamento sono gli eurodeputati verdi Claude Turmes (ITRE) e Michèle Rivasi (ENVI). Il punto di partenza dei lavori parlamentari è la loro relazione sulla proposta di regolamento venuta dalla Commissione Europea. I nostri emendamenti, mescolati a quelli degli altri europarlamentari, sono distribuiti in quattro documenti (primo, secondo, terzo, quarto) per ora disponibili solo in inglese.
Per dotare l’Unione dell’energia di un’anima sociale, con un emendamento abbiamo chiesto di aggiungere un’altra dimensione – la sesta – a quelle cui andrà applicato il regolamento: si tratta dell’approccio sociale all’energia. Perché questa semplice riga diventi efficace e ben definita, un altro nostro emendamento chiede che gli Stati UE siano tenuti a fissare obiettivi nazionali vincolanti, da raggiungere entro il 2030, sui benefici sociali connessi all’energia. Questo obiettivi, recita ancora il nostro emendamento, dovranno riguardare:
a) la riduzione della povertà energetica;
b) l’aumento della produzione energetica da fonti rinnovabili attraverso le collettività dell’energia, gli autoconsumatori, e l’autoproduzione da imprese, municipalità, espresso in tep [tonnellate equivalenti di petrolio, ndr];
c) la diminuzione dei consumi energetici e delle emissioni di CO2 conseguente all’efficienza comportamentale;
d) la diminuzione degli impatti sanitari (compresi gli aspetti economici) legati alle minori emissioni di inquinanti in atmosfera ottenute grazie alla diffusione delle fonti rinnovabili e agli interventi di efficientamento energetico;
e) la diminuzione della quota di reddito procapite destinato agli usi energetici;
f) l’aumento della quota di reddito procapite derivato dall’autoproduzione energetica.
Ancora, sempre attraverso i nostri emendamenti, abbiamo chiesto che gli Stati debbano garantire il diritto dei cittadini all’energia indispensabile per una vita dignitosa e debbano limitare al massimo il rincaro dei prezzi dell’energia con particolare attenzione alle famiglie disagiate, evitando che eventuali incentivi di carattere fiscale o di altra natura per lo sviluppo dell’efficienza energetica e/o rinnovabili possano avere delle barriere d’accesso legate al reddito e/o a condizioni di svantaggio.
Altri punti toccati dai nostri emendamenti riguardano il rafforzamento di elementi chiave già toccati dai relatori, fra i quali:
– calcolare la quantità massima di gas serra che l’UE potrà emettere entro il 2050 per consentirci di vivere in un mondo nel quale l’aumento delle temperature non superi gli 1,5 °C;
– sfruttare il potenziale di tutti i soggetti coinvolti nella transizione verso le rinnovabili (città e regioni, cittadini, cooperative, investitori, imprese) per stimolare l’efficienza energetica e la diffusione delle energie rinnovabili, limitando la dipendenza UE dalle importazioni di energia, riducendone il rischio geopolitico collegato e generando benefici economici e sociali, tra i quali milioni di nuovi posti di lavoro;
– inserire anche nel regolamento gli obiettivi di efficienza energetica e di diffusione delle energie rinnovabili presenti nei nostri emendamenti alle direttive sull’efficienza energetica, sulla performance energetica nell’edilizia e sulle energie rinnovabili (un altro tema legislativo di cui ci stiamo occupando e di cui scriveremo presto su questo blog);
– eliminare tutti gli incentivi alle fonti fossili di energia.
Ma l’anima sociale dell’Unione dell’energia ci è particolarmente cara perché l’energia non può essere solo una questione di tecnologie e di mercato. Chiediamo dunque a chi ci legge di interessarsi, di condividere e di far circolare l’informazione. Anche se la Commissione Europea se n’è dimenticata, noi non ci dimentichiamo che il concetto originale di sviluppo sostenibile, descritto per la prima volta nel rapporto Brundtland (“Our Common Future”) del 1987, comprende tre dimensioni: ambientale, economica e sociale.