Le riforme costituzionali sono un tema centrale per il nostro Paese, soprattuto alla luce del tentativo di stravolgimento della Carta costituzionale, operato da Renzi, e respinto dagli italiani. L’argomento che viene affrontato riguarda le regole fondamentali della nostra Repubblica contenute nella legge fondamentale. Rivoluzionare i contenuti della Costituzione significa apportare modifiche mirate e applicarne diversi principi rimasti ancora largamente inapplicati.
di Danilo Toninelli, M5S Camera
La Costituzione della Repubblica, entrata in vigore il 1° gennaio 1948, ha garantito in questi ultimi 70 anni libertà e democrazia in una misura sconosciuta nella precedente storia italiana.
Riteniamo che la Costituzione del 1948 non abbia bisogno di riforme estese e generali. Oltre che per la sua pericolosità democratica, anche per questo ci siamo opposti allo stravolgimento della Costituzione proposto dal Governo Renzi nel 2016 sulla falsa riga di quanto già aveva prospettato il Governo Berlusconi nel 2006. Il popolo italiano ci ha dato ragione: come il referendum del 2006 aveva respinto la proposta di Berlusconi, così il 4 dicembre scorso è stata respinta quella di Renzi.
Questo non esclude che il cammino della democrazia e della libertà abbia bisogno di innovazioni.
Per questo, il Movimento 5 Stelle intende proporre alcune puntuali modifiche di parti circoscritte della Costituzione. Le modifiche dovranno essere raggruppate in argomenti unitari, soprattutto perché il procedimento di revisione costituzionale potrà comportare un referendum popolare. Noi crediamo nella democrazia diretta! Così, affinché il referendum popolare possa davvero esprimere la volontà del popolo, occorre che il suo oggetto ossia la proposta di revisione sia chiaro, univoco e circoscritto.
Una prima area di intervento di revisione costituzionale è giustificata dalla necessità di combattere i privilegi della classe politica.
Alcune disposizioni costituzionali devono essere modificate, non perché fossero sbagliate quando sono state introdotte, ma perché l’abuso che ne è stato fatto ne ha distorto il funzionamento concreto. Così occorre stabilire un tetto agli stipendi ed ai rimborsi parlamentari e ricondurre il sistema dei vitalizi, anche per il passato, al sistema pensionistico che vale per tutti i cittadini. Anche gli ex parlamentari, come ogni altro lavoratore, dovranno ricevere una pensione commisurata ai contributi versati: niente di meno ma niente di più! Per arrivare a questo obiettivo di semplice equità abbiamo già tentato di utilizzare diversi strumenti ma solo con una norma costituzionale possiamo essere sicuri di realizzarlo. Allo stesso modo occorrerà intervenire su quelle prerogative parlamentari che oggi sottraggono deputati, senatori e ministri, dall’applicazione della giustizia e alle regole che valgono per tutti i cittadini.
Una seconda area di intervento di revisione costituzionale è motivata dalla necessità di rendere la politica un servizio per i cittadini. Non vogliamo politici di professione, ma cittadini eletti tra i cittadini e al servizio dei cittadini. Per questo occorre introdurre un tetto di due mandati per i parlamentari. Allo stesso modo, bisogna cercare di far sì che i parlamentari rispettino la volontà dei loro elettori e si conformino al mandato che hanno ricevuto. Pertanto sarà importante disincentivare i voltagabbana! Per questo scopo occorrerà modificare i regolamenti parlamentari in modo da penalizzare chi lascia il Gruppo parlamentare al quale appartiene. Per costoro, da un lato occorre ridurre le risorse economiche e di personale che la Camera concede ai gruppi e, dall’altro lato, è necessario ridurre la loro possibilità di incidere sulle procedure parlamentari.
Una terza area di intervento, è quella relativa alla lotta agli sprechi della politica. I parlamentari vanno ridotti nel numero, il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro va abolito e così le Province.
Una quarta area di intervento di revisione costituzionale è diretta ad aumentare la partecipazione politica dei cittadini. Da questo punto di vista ci sembra importante ridurre l’età del diritto di voto, per consentire la partecipazione politica di un più ampio numero di cittadini. Basti pensare che ora per votare per il Senato occorre aver compiuto 25 anni. Allo stesso tempo, ci sembra opportuno abbassare l’età per candidarsi al Senato, che oggi è fissata a 40 anni. Noi riteniamo che sia giunto il momento di dare spazio alle generazioni più giovani, dando la possibilità di esercitare il diritto di voto fin dai 16 anni.
Occorre poi introdurre referendum senza quorum e anche referendum propositivi, così che i cittadini possano proporre nuove leggi, anche senza l’intermediazione dei partiti, e cancellare il quorum costitutivo che è stato usato in modo distorto per far fallire quasi tutte le consultazioni referendarie degli ultimi venti anni.
Una quinta area di intervento è quella relativa alla partecipazione italiana all’Unione europea. Nel nostro sistema attuale è stato possibile cedere progressivamente quote di sovranità alle istituzioni europee senza che i cittadini siano stati chiamati a dire la loro! Vogliamo che d’ora in poi le modifiche ai Trattati che regolano la partecipazione italiana all’Unione europea siano sottoposti, prima della ratifica, a referendum popolare obbligatorio. Solo così il popolo italiano potrà contare nel decidere le politiche europee.
Nel frattempo, però, va subito abolito l’obbligo costituzionale del pareggio di bilancio, che è stato introdotto dai partiti sotto il Governo Monti. È essenziale anche cancellare il Fiscal Compact ma chi, come Renzi, parla di rimuovere il Fiscal Compact dai Trattati e poi non vuole toglierlo dalla Costituzione fa solo inutile propaganda. Deve essere il Parlamento italiano a decidere liberamente quando è il caso di stringere la cinghia e quando è il caso di investire per lo sviluppo, se serve, anche ricorrendo al deficit, come avviene negli Stati Uniti o nel Regno Unito!
La sesta area di intervento è rappresentata dalla rivoluzione della Rete. Vogliamo introdurre in Costituzione una vera e propria cittadinanza digitale per nascita, un diritto che accompagni, ai diritti di cittadinanza, un’identità anche online riconosciuta dallo Stato: una rivoluzione necessaria non solo per assicurare a tutti i cittadini quello che oggi è un nuovo diritto fondamentale, cioè il diritto di accesso alla rete, ma anche per semplificare il rapporto con la pubblica amministrazione. Un diritto che potrebbe essere anche alla base di una maggiore partecipazione politica, diretta attraverso la rete, che deve essere sicuramente implementata con la legislazione ordinaria, ma che vorremmo introdurre a livello costituzionale, in modo da riconoscerne il rilievo nell’Italia del XXI secolo e vincolare il legislatore alla sua attuazione. Tutte queste misure, come già detto, dovranno essere portate avanti con modifiche della Costituzione e raggruppate per argomenti omogenei.