di MoVimento 5 Stelle Europa
Secondo fonti del Financial Times il tasso di disoccupazione reale italiano, se si inglobano i dati per “scoraggiati” e “sottoccupati”, arriva a una mostruosa cifra che sfiora il 40% (39% per l’esattezza). Sopra addirittura alla Grecia e alla Spagna. L’Italia è un malato terminale dell’Eurozona, drogato da politiche che hanno gonfiato alcuni numeri ma che non hanno risolto nemmeno uno dei problemi strutturali. I sottoccupati sono infatti persone che lavorano meno ore di questo vorrebbero, mentre gli scoraggiati sono i cittadini che hanno addirittura rinunciato a cercare lavoro. Queste patologie del mercato del lavoro sono insidiose perché non rientrano nelle statistiche e danno la misura di quanto la situazione sia tutt’altro che risolta.
La portavoce Laura Agea, in questo intervento in commissione EMPL dello scorso 30 agosto, ha voluto ribadire questi concetti al viceministro greco del lavoro Rania Antonopoulos. La distanza che separa oggi Grecia e Italia è molto più sottile di quanto ci vogliono far credere i nostri politicanti di professione e, peggio ancora, i freddi numeri che raccontano una ripresa inesistente.
“Non so fino a che punto questa panoramica rispecchi la realtà. Perché si parlava di un incremento dell’occupazione giovanile, di dati che migliorano sul livello occupazionale. Sarà che forse ci stiamo dimenticando di conteggiare i sempre più inattivi o tutti quelli che negli ultimi anni dal suo come dal mio Paese se ne stanno andando perché non hanno più alcuna opportunità.
Il calcolo degli inattivi produce dei risultati drammatici. Io parlo della mia esperienza, in Italia solo l’anno scorso se ne sono andati 130 mila giovani. Forse quel timido miglioramento al quale si accennava andrebbe riconteggiato alla luce delle persone che non cercano più lavoro, che non hanno più una prospettiva futura, non studiano e non sono iscritti ai centri per l’impiego. Che hanno semplicemente deciso di arrendersi. È importante puntare sull’occupazione in Grecia; dobbiamo però crearli i posti di lavoro”. Dare incentivi alle imprese può essere una soluzione, ma le imprese devono avere possibilità di assumere persone. Cosa facciamo? Come possiamo sostenerle? Dove investito e quanto?
Perché qui servono iniezioni di liquidità sostanziali. Servirebbe anche comprendere come sei anni d’austerità non hanno guarito un malato terminale e che se anche la Grecia, come l’Italia, fosse l’araba fenice, non credo che con questa politica e con questa deriva economica avrebbe la possibilità di rinascere. Credo che sei anni di carneficina sociale siano più che sufficienti per dire che è ora d’invertire la rotta. L’ultima prestito di più di 8 miliardi di Euro – salutato con grande clamore -, è arrivato all’economia reale? Nessuno ne ha beneficiato perché quei soldi, che vengono concessi come un’elemosina, vengono utilizzati per ripagare gli interessi sul debito.
Ma quando la Grecia avrà terminato tutti gli asset strategici (svenduti uno dopo l’altro), cosa rimarrà e cosa verrà dato in garanzia per avere ancora qualche iniezione di liquidità? Che non si potrà usare per arginare la carneficina sociale. Cosa è cambiato in due anni ad Atene? Nulla, come non cambia nulla in Italia. Io sono umbra, dopo un anno la gente della mia terra, i cittadini delle Marche e del Lazio, vivono ancora in auto. Se non impariamo che i soldi si spendono per le necessità e i bisogni dei nostri cittadini, ci ritroveremo magari tra un anno e mezzo a parlare del niente, perché niente stiamo facendo”.