di Chiara Appendino
Le Olimpiadi Invernali di Torino 2006 hanno segnato la nostra Città. Se da un lato hanno lasciato un ricordo tutt’ora vivo nei torinesi, che ha proiettato l’immagine di Torino a livello mondiale, dall’altro quel segno è altrettanto vivo e forte nei bilanci della Città e in un’eredità pesante con cui ancora facciamo i conti. Parliamo di enormi debiti, parliamo di strutture inutilizzate, di impianti sportivi in disuso e di mancate occasioni di rilancio per il territorio dovute all’incuria del post-olimpiadi. Ma è proprio questa eredità impiantistica che è il nodo da cui partono gli argomenti delle prossime righe.
Il nostro territorio, unico in Europa, raccoglie dal 2006 una grande quantità di strutture, di residenze, di impianti. Un patrimonio che c’è già, che non deve essere costruito. Un imprescindibile punto di partenza da valorizzare e da cui ripartire. Si tratta di una enorme differenza rispetto a qualsiasi altra Città europea, e in particolare con Roma, così sgombriamo subito il campo da eventuali parallelismi.
Grazie a questa eredità – va detto, necessitante di importanti ristrutturazioni – gli interventi saranno innanzitutto di riqualificazione e di recupero dell’esistente, con importanti risparmi economici e ambientali.
Oggi, a quasi vent’anni di distanza e alla luce di quanto detto sopra, Torino ha l’occasione di dimostrare che quello che abbiamo conosciuto non è l’unico modo di gestire un grande evento. Che abbiamo tutte le carte in regola per far sì che alla base di un impegno collettivo vi siano valori stringenti di innovazione, sostenibilità, ritorno per il territorio, eredità materiali e immateriali che siano un ulteriore punto di partenza per tutte e tutti e non semplicemente la fine di un evento.
Possiamo dimostrare che, con una buona gestione, gli spazi utilizzati per i giochi potranno diventare un luogo di sport per tutti. Che una residenza olimpica diventerà un luogo di housing sociale, una residenza universitaria o un co-working. Che gli investimenti per l’evento possono guardare a vent’anni e non a venti giorni.
Come si fa a realizzare tutto questo?
Mercoledì, in seguito al consiglio metropolitano, manifesteremo con una lettera al CONI l’interesse della città.
Ci sembra giusto manifestare un interesse, nonostante il rispetto al regolamento CIO, per una azione di buon senso volta a rivalorizzare quanto esistente e servibile, in ottemperanza al miglior epilogo sperabile che simili investimenti collettivi possano generare come ricaduta per il futuro post olimpico sul nostro territorio tutto.
Successivamente, entro luglio, il CIO renderà pubbliche le sue condizioni e a quel punto si deciderà il da farsi. Lo stesso CIO nei suoi documenti segna una nuova direzione nell’organizzazione dei Giochi, guardando proprio alla sostenibilità, al riuso degli impianti e a budget sensibilmente più bassi rispetto al passato.
Ci tengo a precisarlo: non si tratta di una candidatura, si tratta di una manifestazione di interesse.
Ma nel concreto, quali sono i punti caratterizzanti di questo modello?
→ Zero debito per gli Enti Territoriali
→ Riuso e sostenibilità per l’esistente: impianti, residenze e infrastrutture ad alta efficienza
→ tutela e ripristino del paesaggio e dell’Ambiente
→ promozione di un turismo dolce e a basso impatto ambientale con ricadute sull’area vasta (urbana e montana)
→ Villaggi olimpici destinati ad edilizia residenziale sociale pubblica, residenze universitarie e destinazioni condivise con la collettività con metodo partecipato
→ Controllo dell’Autorità Anticorruzione (ANAC) a tutela degli appalti, controlli di qualità su tutto l’operato ed il costruito
In sintesi, vogliamo dimostrare che un’idea diversa di olimpiadi esiste e siamo in grado di metterla in piedi. Vogliamo creare un nuovo modello che sia un esempio per tutti gli eventi futuri e di cui i cittadini possano vivere i benefici non solo nel ricordo ma nei servizi e nella qualità della vita offerta dal territorio post-olimpico.
Si tratta di una sfida importante, ne siamo consapevoli. Ma siamo anche consapevoli di avere tutti gli strumenti per affrontarla, di avere le idee, le competenze ed una Rete tale da garantire che l’eventuale organizzazione dei Giochi Olimpici Invernali 2026 avverrà secondo un nuovo modello progettuale e gestionale che possa diventare un modello internazionale.