di Davide Casaleggio
Sta arrivando qualcosa di molto potente che penso sia una nuova rivoluzione industriale. Arriverà unendo i puntini tra intelligenza artificiale, big data, blockchain, e la possibilità di monitorare tutto ciò che ci succede attorno con l’internet delle cose. Vedo come tutti questi oggetti, tutte queste nuove tecnologie, si stiano unendo verso qualcosa di rivoluzionario che non abbiamo mai visto prima, sia in termini di velocità, sia in termini di capacità del cambiamento di quello che oggi facciamo, che oggi viviamo.
In questo video, durante il Rousseau City Lab, con Luca De Biase abbiamo parlato dell’impatto che questo cambiamento avrà su “Il lavoro del futuro”, titolo del suo ultimo libro.
Uno dei punti a cui siamo arrivati è che chi si interessa e preoccupa dell’innovazione ne potrà trarre benefici. Chi si limiterà a difendere lo status quo protrarrà solamente la sua agonia.
Non a caso si prevede che entro il 2055 saranno 1 miliardo i posti di lavoro al mondo stravolti in seguito alla rivoluzione tecnologica. E’ qualcosa che molti dicono abbiamo già attraversato nello scorso secolo, ma con una grande differenza: la velocità. All’inizio del ‘900 l’80% delle persone vedeva il lavoro come dover prendere una zappa alle 6 del mattino e ritornare a casa solo per mangiare. Nel secondo dopoguerra gli occupati in agricoltura erano il 60% della popolazione, vent’anni dopo il 10%, oggi meno del 2%. Nel giro di un secolo è scomparso quello che i nostri bisnonni chiamavano lavoro e anche per gli agricoltori restanti è radicalmente cambiato il modo di concepire il lavoro.
Oggi questa dinamica è molto più accelerata e non è più sufficiente il modo in cui ci prepariamo al mondo del lavoro. Molti dei lavori che faranno coloro che escono oggi dalle università non esistevano cinque anni fa. E’ quindi necessario un nuovo modo di imparare a lavorare, un processo di formazione continua che ci accompagni durante la nostra vita lavorativa.
Nella storia dell’uomo abbiamo attraversato quattro ere per il tipo di lavoro che facciamo: l’era dei cacciatori raccoglitori che é durata qualche milione di anni, l’era dell’agricoltura che é durata qualche migliaio di anni, l’era industriale per duecento di anni, l’era dell’information technology qualche decina. Ora stiamo entrando in una nuova era di intelligenze interconnesse.
Già nel 1930 Keynes aveva previsto in “Possibilità economiche per i nostri nipoti” che le persone cento anni dopo avrebbero vissuto un periodo in cui “la velocità con la quale si trovano strumenti per risparmiare lavoro” sarebbe stata “superiore alla capacità di trovare nuovi modi per usare il lavoro”. Si riferiva alla nostra generazione e con grande capacità previsionale aveva ragione. Keynes vedeva la disoccupazione tecnologica come un problema di disallineamento temporaneo che affligge chi innova meno.
La quarta rivoluzione industriale è già partita. Dobbiamo oggi essere capaci di innovare, intercettare tutti i nuovi lavori che stanno arrivando e preoccuparci di formarci continuamente durante la nostra vita lavorativa. Questa volta non ci vorrà più un secolo per cambiare radicalmente il modo in cui concepiamo il lavoro.