di Eleonora Evi, EFDD – M5S Europa
Qui al Parlamento europeo siamo nel vivo dei negoziati sul regolamento sui nuovi limiti per le emissioni di CO2 di auto e furgoni dopo il 2020. Il punto di partenza, la proposta della Commissione europea, era per noi poco ambiziosa e incapace di accompagnare il settore in quel percorso di “decarbonizzazione” da realizzare entro il 2050.
La Commissione ha proposto due obiettivi. Uno nel 2025, quando le emissioni di CO2 di auto e furgoni dovrebbero essere ridotte del 15% rispetto ai livelli del 2021. E uno per il 2030 con una riduzione pari al 30%. Ma queste riduzioni non bastano per onorare gli impegni multilaterali assunti nel 2015 con l’Accordo di Parigi sul clima. La verità è che le emissioni di CO2 del trasporto stradale continuano a crescere in maniera preoccupante: nel 2015 erano ancora il 19% superiori rispetto al 1990. Per essere in linea con Parigi, invece, nel 2030 dovrebbero essere almeno il 60% in meno rispetto al 1990 e incardinate in un percorso di progressivo di avvicinamento allo zero.
Oggi il 95% delle auto e dei furgoni in circolazione è alimentato da combustibili fossili, come il petrolio, che importiamo per l’89% da paesi terzi. Le loro emissioni sono responsabili per il 73% della CO2 rilasciata dal trasporto stradale. I livelli di inquinanti, come il PM10 e l’NO2, per cui l’Italia è in infrazione e che ci potrebbero costare pesantissime sanzioni, causano ogni anno la morte prematura di 470 mila cittadini europei, con costi sanitari che vanno da 330 a 940 miliardi di euro. Noi italiani, con 84 mila e 400 morti premature all’anno, deteniamo questo triste primato in Europa. E’ quindi imperativo ridurre le emissioni.
Qui al Parlamento europeo stiamo cercando di inserire nel regolamento obiettivi vincolanti per la vendita di veicoli a zero e a basse emissioni. Anche su questo aspetto, infatti, la proposta della Commissione è carente, perché prevede solamente di “ricompensare” i costruttori che centrano gli obiettivi di vendita per questi veicoli con la possibilità di emettere un maggior quantitativo di CO2. E non prevede “penalità” per quei costruttori incapaci di vendere un numero sufficiente di nuovi modelli a zero e basse emissioni. Un meccanismo basato esclusivamente su un “bonus” è quanto di più dannoso ci possa essere. Vogliamo assicurarci che qui, a casa nostra, si sviluppi l’auto del futuro.
Le case automobilistiche europee si stanno attrezzando per competere negli Stati Uniti, ma soprattutto in Cina, dove infatti è stato introdotto un vero e proprio mandato vincolante, che a partire dal 2019 spingerà fortemente il mercato dei veicoli a zero emissioni. Pensate che i costruttori europei hanno annunciato investimenti importantissimi in Cina, pari a ben 21 miliardi e 700 milioni di euro.
E in Europa? Le stesse case automobilistiche europee stanno prevedendo investimenti sette volte inferiori, pari solamente a 3 miliardi e 200 milioni di euro. Non vorremmo trovarci nel prossimo decennio nell’assurda situazione di essere costretti a importare auto elettriche e sistemi efficienti e puliti dalla Cina o da altri mercati di avanguardia nel campo dell’elettromobilità, perchè non siamo stati capaci di accompagnare la trasformazione dell’industria dell’auto qui in Europa, facendole perdere il suo vantaggio competitivo rispetto al resto del mondo. Vogliamo favorire localmente, in Italia e in Europa, lo sviluppo dell’industria europea dei veicoli a zero emissioni e la produzione di batterie sostenibili.
Secondo gli studi e le stime disponibili, una maggiore ambizione sui target di riduzione delle emissioni di CO2 e una svolta decisa a favore dei veicoli a zero emissioni potranno generare 206 mila posti di lavoro entro il 2030 nel settore “automotive“, oltre a numerose opportunità occupazionali nei settori della produzione, dell’installazione e della manutenzione dell’infrastruttura di ricarica, nella produzione di batterie e nella produzione di energia da fonti rinnovabili. Ma nel 2016 i veicoli elettrici e gli ibridi ricaricabili rappresentavano solamente l’1,1% delle nuove immatricolazioni.
Nel 2017, secondo i dati dell’Agenzia ambientale europea, a fronte di ben 370 modelli di auto convenzionali, la penetrazione dei modelli a zero emissioni era limitata a 27 modelli elettrici e a 2 alimentati da idrogeno. La domanda di queste auto esiste ma è frustrata da un’offerta scarsa, che ne impedisce la diffusione e ostacola l’abbassamento del loro prezzo. Anche le amministrazioni locali devono fare la loro parte: acquistare mezzi puliti ed efficienti deve essere la priorità numero uno per la mobilità urbana, pubblica e integrata.
Un’azione decisa per la riduzione delle emissioni di questi veicoli è più che mai necessaria, non solo per tutelare gli equilibri ecologici del mondo in cui viviamo, ma anche per una questione di autonomia e sicurezza energetica, per rendere l’Italia e l’Europa meno dipendenti dall’importazione di fonti energetiche altamente inquinanti.
Ora si può cambiare. Il nostro lavoro qui a Bruxelles può contare sul Governo del cambiamento e sul Ministro dell’Ambiente Costa. Il 25 giugno al Consiglio Ambiente, il Ministro ha chiarito il ruolo dell’Italia rispetto a questo regolamento. L’ambiente e la salute saranno al centro: il governo vuole favorire la mobilità sostenibile, in Italia e non solo. Questo è il cambiamento che vogliamo!