Dopo le parole del vicepremier Luigi Di Maio, la questione della libertà di informazione e degli intrecci dei giornali con i grandi gruppi industriali e finanziari è tornata all’ordine del giorno nell’agenda di governo.In un’intervista esclusiva al direttore di Affaritaliani.it Angelo Maria Perrino, Di Maio spiega come vede l’informazione e che cosa intende fare il governo in materia di conflitto di interessi e di tutela e recupero della libertà di informazione compromessa.
Ministro Di Maio, secondo lei in Italia l’informazione non è libera?
“Il sistema dell’informazione (giornali, radio, tv) è in mano a pochi grandi gruppi editoriali che hanno chiari interessi industriali e che hanno, in alcuni casi, concessioni da parte dello Stato. Questo è sotto gli occhi di tutti. Lo abbiamo scritto in un post sul Blog delle Stelle parlando della mappa del potere dei Benetton: ‘Monica Mondardini è nel cda di Atlantia ma anche presidente di Sogefi, amministratore delegato di Cir Spa (la holding di De Benedetti) e, udite udite, vice presidente di Gedi Editoriale (Repubblica, l’Espresso). Non si fa mancare nulla. Livia Salvini, sindaco effettivo di Atlantia (controllore) e, contemporaneamente, nel Consiglio di Amministrazione de Il Sole 24 ore (amministratrice). Massimo Lapucci è nel Consiglio di Amministrazione di Atlantia e, guarda un po’, anche della Caltagirone Spa (Il Messaggero, Il Mattino)’. Secondo lei questi giornali possono fare informazione libera? Detto questo c’è chi riesce a farla. Alcuni blogger indipendenti, per esempio”.
Il premier Conte ha dichiarato alla nostra Piazza di non leggere i giornali, “senno’ non potrei governare”. Lei quali giornali legge abitualmente? E quali tg e gr? E online? Come è cambiata la sua dieta mediatica da quando è vicepremier e ministro?
“Per informarmi non leggo i giornali italiani, fanno solo propaganda. Leggo articoli specializzati, giornali esteri, blogger, dossier per informarmi sulle problematiche legate alla mia attività da ministro. I giornali italiani li leggo per capire come ci vogliono attaccare i loro editori prenditori. Un tempo i giornali rappresentavano uno spaccato dell’opinione pubblica, avevano dentro un po’ del sentimento popolare che si respirava nelle strade e nei bar. Questa componente si è persa ed è per tale ragione che perdono copie. Per capire cosa pensano le persone mi affido alle piazze e ai social. Leggo sempre i commenti sulla mia pagina Facebook e Instagram. Valgono molto più di tutti gli editoriali del giorno”.
lI governo gialloblù e l’alleanza Cinquestelle-Lega vengono sottoposti a un evidente bombardamento mediatico quotidiano. Secondo lei si tratta di libere scelte redazionali o c’è dell’altro dietro questa ostinazione? E perché?
“Il MoVimento 5 Stelle viene attaccato dai media fin da quando era in fasce. Questa abitudine non l’hanno mai persa. Non è una scelta redazionale. E’ una scelta sistemica. Questo è evidente perchè quando decidono di attaccare, attaccano tutti insieme utilizzando la stessa falsità. Dietro ci sono quei gruppi prenditoriali che pensano di poter continuare a fare il bello e il cattivo tempo. Da quando c’è il MoVimento 5 Stelle al governo la musica è cambiata. Noi mettiamo al primo posto gli interessi dei cittadini, non i loro come ha fatto chi ci ha preceduto”.
Ha avuto contezza ed esperienza personale dell’intreccio perverso tra potere economico ed editoria?
“L’intreccio è opaco. E’ difficile avere esperienza personale. Tuttavia, come le dicevo prima, per capirlo bisogna guardare gli intrecci societari e le proprietà. A quel punto tutto diventa evidente. Anche la linea editoriale, che ormai è una sola per tutti i giornali e le tv: attaccare il MoVimento 5 Stelle!”.
Crede che i direttori siano indipendenti o siano semplici foglie di fico dell’editore- finanziere o industriale che ha interessi imprenditoriali extraeditoriali? Di quali direttori lei ha stima e si fida?
“Posso dire soltanto che il tempo dei Montanelli è finito. E aggiungo: purtroppo”.
Chi è il miglior giornalista italiano? E perché?
“Non è mio compito fare classifiche. Il problema dei giornalisti oggi è che ormai fanno parte dell’establishment, quindi invece di fare informazione, invece di fare inchieste, si limitano all’autodifesa che spesso e volentieri sfocia in becera propaganda”.
Si può ancora tornare indietro, all’editore puro senza interessi extra editoriali e con un solo padrone, ossia il lettore?
“Si deve tornare agli editori puri. Solo così si garantisce un’informazione libera e veritiera. Lo faremo con una legge, lo faremo chiedendo alle società partecipate di non fare pubblicità sui giornali e lo faremo eliminando i finanziamenti pubblici ai giornali, diretti e indiretti. Ci sono giornali che professano il liberismo più sfrenato e poi campano di finanziamenti pubblici. Non è ridicolo?”.
È opinione diffusa che solo con rigidi paletti e una regolamentazione del conflitto di interessi si potrà forse ovviare a questa gravissima anomalia e a questo malcostume. Ci state pensando? E’ pronto un provvedimento?
“Il conflitto di interessi è nel contratto di governo, il provvedimento complessivo è allo studio”.
A che cosa pensate quando parlate di una legge che incentivi l’editore puro e limiti l’editore-finanziere (o imprenditore)?
“Ci arriveremo gradualmente. Il minimo sindacale è che il lettore sappia chi possiede il giornale e tutti i conflitti di interesse. Se il ‘padrone’ del giornale possiede centrali a carbone è chiaro che non dirà mai la verità sull’inquinamento delle fonti fossili. E’ bene che il lettore lo sappia. Se il ‘padrone’ del giornale possiede un partito dovrebbe esserci il simbolo di quel partito appiccicato sopra. Insomma bisogna smetterla di prendere in giro i lettori. Aggiungo una cosa: la maggior parte delle fake news provengono dall’informazione tradizionale: telegiornali e carta stampata”.
Come supererete l’impasse creatosi alla Rai con la presidenza Foa? Sicuro che non lottizzerete anche voi?
“Lo supereremo nell’interesse di tutti gli italiani che pagano il canone. L’interesse del MoVimento 5 Stelle non è lottizzare. Vogliamo liberare la RAI dai partiti e renderla un’industria culturale che possa competere con i colossi mondiali”.