di Vito Crimi
È ormai evidente il perverso intreccio economico che in Italia unisce organi di stampa, grandi aziende e vecchi partiti politici. Il trattamento riservato dai giornali al crollo del ponte Morandi è solo l’ultimo (pessimo) esempio di come vanno le cose nel nostro Paese. Il lettore che cerca la verità conta meno di zero. A contare sono i comitati d’affari che foraggiano i giornali con inserzioni a peso d’oro. Così si spiega il silenzio della maggior parte dei quotidiani italiani sul nome dei Benetton: per giorni sono riusciti a non citare nemmeno per sbaglio questi fantomatici Innominati, padroni di fatto di Autostrade per l’Italia nonché elargitori di generosi investimenti in inserzioni pubblicitarie.
Poi è arrivata la conclusione della trattativa sull’Ilva di Taranto: un grande risultato per il nostro governo. Ma i giornali si sono ben guardati dal concedere spazio a questa buona notizia. Per mesi hanno sguinzagliato i migliori “giornalisti” e dedicato prime pagine, articoli, approfondimenti sperando nel fallimento del Ministro Luigi Di Maio. Per mesi hanno tifato contro, ma alla fine la loro speranza è stata vana. E adesso? Anziché riconoscere i nostri meriti, ripartono all’attacco con pagine e pagine su un’immaginaria gaffe di Di Maio. Abbiamo capito il loro gioco: parlare del governo soltanto per parlarne male.
Ora, per questi professionisti dell’informazione, a minacciare la libertà di stampa sarebbe il MoVimento 5 Stelle. Evidentemente hanno già dimenticato le minacce e gli editti di Berlusconi, proprietario della metà delle tv nazionali, di case editrici e concessionarie di pubblicità in un labirinto di imprese e aziende che ogni giorno stringono i propri tentacoli sul mondo dell’informazione. E hanno già dimenticato quel PD che ha portato al fallimento un giornale storico come l’Unità e ha usato la Rai come fosse casa propria, piazzando i suoi uomini.
Se il Movimento ha una colpa, è quella di essere coerente in un Paese che per decenni è stato governato dall’ipocrisia, dall’interesse e dalla convenienza. Perciò idee come la soppressione dei finanziamenti pubblici ai giornali o l’abolizione dell’ordine dei giornalisti, che appartengono al Movimento da quando è nato dieci anni fa, vengono spacciate dai giornali come “novità” addirittura “pericolose”, se non “eversive” e “dannose per la democrazia”.
Ma non saranno le fabbriche di fake news a fermarci. Il nostro obiettivo è sacrosanto: liberare (per davvero) l’informazione italiana. E per essere libera, la stampa deve slegarsi dai soldi pubblici e dalla politica che li elargisce. Troppo spesso le aziende di Stato sono state trasformate in bancomat, sia per premiare, distribuendo finanziamenti sotto forma di inserzioni pubblicitarie a beneficio di questa o quella testata, sia per per punire, come ricorda Marco Travaglio in un suo editoriale, il giornale non allineato cancellando le inserzioni.
È necessario incrementare la trasparenza negli assetti societari, recuperare la figura dell’editore puro, rivedere la distribuzione delle inserzioni pubblicitarie (in particolare delle aziende di Stato), superare definitivamente la dipendenza dei giornali dal finanziamento pubblico, andare oltre l’ordine dei giornalisti.
Nessuna novità: lo abbiamo sempre detto, apertamente e senza nasconderlo, ed è tutto nel programma con il quale siamo stati scelti dagli italiani per governare questo paese.