di Davide Casaleggio
La “democrazia partecipativa” rappresenta solo l’ultimo passo di un percorso molto più lungo che è cominciato già da tempo, con piccoli passi, grazie alla volontà di gruppi di persone che in varie parti del mondo hanno iniziato a sperimentare la rete come strumento di partecipazione alla vita pubblica.
Non è il sogno di un visionario, come ho letto spesso nei commenti di alcuni opinionisti sui nostri quotidiani. E non è nemmeno un’utopia, come sostiene qualcun altro, oppure un oscuro metodo di controllo delle masse di ispirazione orwelliana. Mi dispiace deludere i molti che spargono fiumi di inchiostro immaginando fantasiosi complotti. Forse la verità è che i meriti che possiamo riconoscerci sono di aver compreso prima degli altri cosa stesse accadendo e di aver individuato un metodo e realizzato uno strumento attraverso il quale chiunque lo voglia possa esercitare il proprio diritto di partecipare alle scelte pubbliche, alla cosa pubblica.
Che sia la scelta dei propri candidati alle elezioni, oppure la possibilità di proporre una legge o modificare una proposta di legge presentata dai propri portavoce, oppure condividere buone pratiche o organizzare iniziative di cittadinanza attiva, sempre di possibilità di scegliere si tratta. E questo è l’obiettivo per cui è stata pensata e realizzata la piattaforma Rousseau.
Rousseau non è perfetto, ma è un inizio, siamo pionieri.
Un primo strumento che dovrà cambiare ed evolversi con il contributo di tutti.
E tanto più le persone aderiranno al progetto e offriranno il proprio contributo, tanto più crescerà e migliorerà. Tutte le persone, a prescindere dall’orientamento politico. Perché questa è un’opportunità per tutti, non dovrebbe e non deve essere una priorità solo del Movimento, o dell’Associazione Rousseau o peggio ancora mia personale. Anzi, ben vengano altre proposte, altri strumenti e altre soluzioni.
Sono stato contento di vedere che il Partito dei Sardi abbia deciso di utilizzare un sistema di voto online per le future primarie. Perché è questione di metodo, non di ideologia: il punto, infatti, su cui dovremmo impegnarci tutti è immaginare un nuovo modello di democrazia che consenta alle persone di partecipare davvero alle scelte pubbliche, non solo nel momento elettorale o referendario, ma sempre, ogni giorno.
Perché è evidente che quello attuale che è stato il migliore modello possibile per molto tempo, adesso si stia rivelando inadeguato.
Il contesto sociale, culturale ed economico è cambiato, come è cambiato quello tecnologico. Nascono nuovi diritti e altri si trasformano e non si può pensare che questo non abbia ripercussioni sul rapporto tra cittadini e istituzioni.
Anche perché tutto questo ormai è sotto gli occhi di tutti. L’obiezione più comune alla partecipazione dei cittadini alle scelte che li riguardano è che non ne hanno le competenze. Ma se una scelta è importante per la nostra vita futura allora è importante che si diffonda la conoscenza su quel tema in modo che tutti coloro che vogliono, possano essere consapevoli della scelta presa.
Anche per questo è nata la Rousseau Open Academy che ha l’obiettivo di condividere la conoscenza sulla cittadinanza digitale con tutti coloro che vogliano approfondirne i temi: dal testamento digitale, al diritto all’oblio online, all’urbanistica partecipata, all’identità digitale, alla possibilità di presentare proposte di legge, ecc.
Il progetto Rousseau è un mare da esplorare e sono contento di averlo potuto raccontare a tanti giovani amministratori locali in occasione del convegno annuale del corso Forsam promosso dall’Associazione Nazionale Comuni Italiani.
I comuni sono realtà dove il rapporto tra istituzione e cittadino è molto stretto e gli amministratori locali sono i primi ad avere bisogno di strumenti concreti per raccogliere le istanze sul territorio e soprattutto per realizzare processi efficaci di partecipazione. Perché le scelte del governo cittadino funzionano solo se sono condivise con una comunità consapevole.
Altrove lo hanno compreso bene, anche in città di grandi dimensioni come New York o Parigi, che utilizzano strumenti come il bilancio partecipativo coinvolgendo oltre 100 mila cittadini nel decidere la destinazione di una parte delle finanze pubbliche, oppure attraverso percorsi di urbanistica partecipata per la definizione di spazi pubblici. Copiare le buone pratiche in questi casi è d’obbligo.
Il mio sogno è che nascano tanti servizi come Rousseau per esercitare i diritti di cittadinanza digitale, capaci di coinvolgere un numero sempre maggiore di persone alla vita pubblica. A prescindere dal colore politico. Qualunque sia la forza politica che ci rappresenta ciascuno dovrebbe pretendere che si rinnovi, che permetta a tutti di candidarsi, di scegliere il programma con cui ci si presenta alle elezioni e di aprire spazi di collaborazione e di creazione delle leggi da discutere in Parlamento. Se tutte le forze politiche accettassero la sfida della partecipazione la qualità della vita politica ne trarrebbe beneficio.
La partecipazione è un valore di tutti. Non accontentiamoci.