Partiamo dai fatti: da 15 giorni decine di migliaia di francesi autorganizzati e senza leader protestano in tutto il Paese contro le ultime riforme fiscali del Presidente Macron legate al possesso di autovetture ed in particolare contro l’aumento del costo dei carburanti.
A leggerla così verrebbe quasi da solidarizzare col Presidente data l’insostenibilità del modello occidentale in termini di consumo di risorse e inquinamento atmosferico, ma c’è qualcosa di ben più grande che va oltre il gilet giallo da automobilista divenuto simbolo della rivolta.
Le proteste infatti si sono subito estese in numerosità ma soprattutto in messaggio politico che è presto divenuto di classe sociale e di prospettiva per il futuro. Ancora una volta il popolo contro l’élite e, come secoli fa, dietro le brioche c’è tanto altro.
C’è, soprattutto, una frase di Jean-Luc Mélenchon che riecheggia tra le masse in questi giorni “La verità è che le persone stanno contribuendo alla benzina per pagare un milione di euro per le 100 persone più ricche del Paese”. Una frase che, al di là della speculazione politica che certamente non manca da parte delle sinistre e delle destre francesi, manifesta il fallimento della politica di Macron che doveva riavvicinare i cittadini alle stanze del potere e ha finito per schiacciarli ancora di più.
Una crisi valoriale così profonda da portare il Ministro dell’Interno francese Cristophe Castaner, fedelissimo di Macron, ad una farneticante linea difensiva che va ripescare il più classico e abusato degli spauracchi ovvero la presenza dietro le proteste dei servizi segreti russi e, prima ancora, delle destre estreme.
Una protesta, quella dei “gilets jaunes”, che per certi aspetti possiamo traslare all’intera Unione Europea che non riesce a vedere oltre i confini della finanza, dell’austerità, del rigore fiscale, dei conti in ordine, non facendo mai spazio alle parole fondanti dell’Unione Europea come solidarietà, diritti e benessere.
In queste condizioni la Francia di Emmanuel Macron deve apprendere una lezione netta: è tempo di andare in direzione opposta ponendo al centro dell’agenda di programma esattamente quelle tre parole: solidarietà, diritti, benessere.
Esattamente come stiamo facendo col Governo Conte in Italia dove, grazie alla Manovra del Popolo, mettiamo al centro le necessità sociali a partire dalla lotta alla povertà.
Una manovra espansiva che investe sulle persone e ristabilisce un sano rapporto Stato-Cittadini.
Questo ci fa godere del più alto consenso di sempre per un Governo di cui andiamo fieri non perché ci permette di continuare a governare in modo solido ma proprio perché ci indica che la strada che stiamo seguendo è quella giusta per garantire benessere e tenuta sociale.
È certamente troppo presto per dire come finirà questa storia e certamente non voglio né esaltarla né sostenerla ma, come sempre, dobbiamo cogliere i messaggi che arrivano oggi da tutta l’Europa come un grido di dolore che non può più passare inascoltato.
Non esiste un’Unione Europea vincente se non quella dei popoli che la compongono che si riappropriano dei processi decisionali a discapito delle oligarchiche elitarie.
È questa la strada che dobbiamo seguire e in Italia è finalmente tracciata.