Secondo il recente rapporto di Save the Children, sarebbero 85 mila i bambini morti in Yemen per la fame e le malattie causate dalla guerra che insanguina il Paese da tre anni. La denuncia dell’organizzazione inglese è solo l’ultima di una lunga serie su ciò che sta accadendo nel Paese. La coalizione a guida saudita che combatte contro i ribelli Houti, bombarda sistematicamente ospedali, scuole, mercati, infrastrutture e magazzini contenenti farmaci e alimenti.
Sono centinaia i casi comprovati di azioni militari in aree densamente popolate, che sembrano avere lo scopo di rendere la vita impossibile ai civili, seguendo la sinistra strategia che punta a mettere in ginocchio tutta la popolazione per sconfiggere il nemico.
L’ONU sostiene che 14 milioni di persone sono a rischio carestia. Con l’assedio del porto di Hodeidah, le importazioni alimentari si sono ridotte di oltre 55mila tonnellate al mese, e la quantità di cibo che entra nel paese riesce a soddisfare i bisogni solo del 16 per cento della popolazione.
Su questa guerra i mass media hanno calato un silenzio inquietante. Nel nostro Paese si sono dedicate prime pagine a qualunque cosa, ma di questo popolo in ginocchio nessuno sembra interessarsi. Di recente si è ricordato il conflitto yemenita dopo la morte della piccola Amal, la bimba malnutrita fotografata dal premio Pulitzer Tyler Hichs e pubblicata dal New York Times. Altri 85 mila bambini hanno fatto la fine di Amala nell’indifferenza generale. Un’indifferenza colpevole.
In Europa, nonostante tre risoluzioni del Parlamento europeo che chiedono un embargo sulla vendita di armi all’Arabia Saudita, le posizioni dei singoli Paesi sono diverse. Germania, Norvegia e Danimarca hanno annunciato nei giorni scorsi lo stop alle forniture militari, mentre la Francia ha dichiarato che non ci saranno ripercussioni nei rapporti bilaterali tra i due Paesi. L’Italia è tra coloro che vendono armi all’Arabia Saudita che è innegabilmente un Paese in guerra, nonostante esista una legge, la 185/90, che vieta esportazioni verso Paesi in stato di conflitto.
Si tratta di un tema molto delicato, su cui, tuttavia, non possiamo esimerci dall’intervenire. Luigi di Maio lo ha detto chiaro e tondo: bisogna smetterla di esportare armi a Paesi in guerra. Lo ha ribadito con forza il ministro della Difesa Elisabetta Trenta, chiedendo alla Farnesina di verificare la regolarità delle forniture belliche italiane a Riad: siamo in attesa di una risposta. Come ha osservato il Sottosegretario agli esteri Manlio di Stefano, se la 185/90 è rispettata ma bombe italiane continuano a cadere in Yemen, evidentemente la legge o la sua applicazione non vanno e il Parlamento deve mettere mano alla materia, perché davanti ai morti civili non ci sono tecnicismi o valutazioni economiche che tengano.
È indispensabile intervenire, prevedendo maggiore controllo, fissare una diretta responsabilità politica delle decisioni e un ruolo più forte del Parlamento non solo di controllo, ma anche di indirizzo. Anche questo è il cambiamento che vogliamo e stiamo già lavorando in questa direzione.
Gianluca Ferrara – Commissione Esteri Senato