Di seguito l’intervista di Giulia Grillo al quotidiano Il Mattino
Ministro Grillo, che idea si è fatta dell’autonomia rafforzata che Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, le Regioni più forti economicamente del Paese, hanno proposto e che il governo per quanto è di sua competenza ha in parte avallato?
I territori più forti economicamente fanno le loro richieste in modo legittimo. Non sono contraria, una maggiore autonomia è anche nel nostro Contratto di governo. Detto ciò, come sempre, il diavolo sta nei dettagli. Autonomia non deve significare egoismo del più ricco, ma questo è chiaro a tutti, innanzitutto a chi lo propone. Con la Lega siamo d’accordo perché ci sia di pari passo un patto di concreta solidarietà tra i territori. Io mi occupo del sistema sanitario, non posso permettere che le Regioni più in difficoltà si arrangino da sole, o che siano considerate pesi morti. L’Italia è un grande Paese, e lo è il suo servizio sanitario che il mondo ci invidia. Ecco, se la riforma porta a una valorizzazione dei territori con regole più aggiornate ai tempi e al contempo con un forte spirito di solidarietà non posso che essere favorevole.
Le richieste di autonomia, a mio modo di vedere, muovono tutte da un presupposto e cioè l’incapacità che c’è stata nel passato, a livello centrale, di dare delle risposte concrete ai problemi posti dai singoli territori. Ora le cose stanno cambiando e al ministero siamo al lavoro per adeguare la normativa alle esigenze del sistema.
Il rischio che l’unità del Paese e la sua coesione territoriale vadano in frantumi appare piuttosto evidente anche perché materie come la sanità e l’istruzione, affidate solo alle Regioni come già in parte (per la sanità) avviene, segnerebbero una distanza incolmabile con le Regioni più deboli. Che ne pensa?
Un Paese diviso non fa bene a nessuno. Banalmente, un sud più povero non aiuterebbe le aree più ricche del Paese. Non si torna indietro. Sono siciliana, ho ben chiare le ragioni sacrosante dell’autonomia, ma so anche che senza una visione moderna di unità non si farebbe che aumentare le distanze. Io sono medico, ascolto le persone, i colleghi, chi lavora in sanità. Non possiamo cedere agli egoismi. Il Movimento è una forza che guarda all’innovazione, ma senza tradire i principi costituzionali. Siamo stati votati perché siamo dalla parte dei cittadini e dunque faremo ogni sforzo per non penalizzarli con politiche rischiose. La sanità è lo specchio del funzionamento di un territorio, se non c’è crescita sociale e solidarietà, il sistema non può funzionare. Su questo c’è grande intesa con i colleghi della Lega, condividiamo un grande senso di responsabilità.
Mi faccia aggiungere che nel caso specifico della sanità le proposte di autonomia riflettono in particolare una richiesta di maggiore libertà nella gestione della spesa, vedi ad esempio l’organizzazione complessiva del sistema socio-sanitario o la spesa per il personale. Ma la giurisprudenza della Consulta, in ossequio all’autonomia di bilancio degli enti territoriali è già chiara oggi: i limiti di spesa possono essere superati purché “compensati” con altri risparmi di spesa.
Il vicepremier Di Maio aveva detto l’1 dicembre scorso che non ci dovevano essere dubbi sull’autonomia rafforzata della Regione Veneto ma all’interno del vostro Movimento si sono levati non pochi dubbi e malumori che anche in queste ore sembrano crescere: che succede?
Il Movimento è profondamente democratico nelle sue dinamiche interne. C’è dialettica e pluralismo, ovviamente, un tema come l’autonomia rafforzata si presta a un dibattito anche acceso. Non mi nascondo, per noi non era certamente una priorità, però abbiamo un accordo e gli accordi si rispettano. Il nostro valore aggiunto è che non svenderemo i diritti degli italiani per interessi di parte, cerchiamo di operare al meglio perché i cittadini più svantaggiati non si sentano più abbandonati a loro stessi.
Il vostro Movimento ha raccolto la maggior parte dei consensi al Sud che rischia po’ di essere l‘agnello sacrificale dell’accordo politico Lega-5stelle in base al quale il Reddito di Cittadinanza è passato per il vostro ok all’autonomia rafforzata delle Regioni più ricche. Come si gestisce adesso la situazione nel Mezzogiorno?
I nostri elettori sanno che stiamo facendo l’impossibile per una politica che valorizzi il Sud, il reddito di cittadinanza sarà un volano di sviluppo reale e non una misura caritatevole. Questa manovra è un primo passo per il cambiamento. Ci vuole tempo. Il Mezzogiorno è in cima alle priorità del M5s e su questo non ci devono essere dubbi. A sud ci sono tante situazioni virtuose che vanno sostenute, non possiamo dire che è tutto una zavorra. Da meridionale mi sono stufata di sentire luoghi comuni. Un’autonomia solidaristica può giovare anche alle regioni del Sud.
Si può persino ipotizzare una crisi di governo su questo tema viste le fibrillazioni che arrivano proprio dal Mezzogiorno?
Ormai ogni giorno ci affibbiano un motivo per una crisi di governo. I detrattori si rassegnino, governeremo per cinque anni. Con la Lega ci sono sensibilità differenti, ma anche punti d’incontro che si stanno solidificando. Abbiamo un comun denominatore: lo sviluppo del Paese secondo una visione nuova, dopo anni di stasi, di pantano. Di politica genuflessa a un’Europa sorda e insensibile. Per il cambiamento ci vuole un po’ di tempo, in sei mesi abbiamo fatto tanto, non potevamo fare tutto. Nella sanità nei prossimi mesi firmeremo con le Regioni il nuovo Patto della salute, sbloccheremo non solo le risorse, ma anche le idee. Con i territori abbiamo bisogno di un confronto costruttivo e dinamico: chi lavora bene, va promosso, e chi è più indietro va aiutato. La sanità degli egoismi non fa bene a nessuno, la salute è innanzitutto un diritto, non un semplice business, anche se genera (e per fortuna!) profitto e sviluppo.
In una nota diffusa in questi giorni, la Svimez spiega che di questo passo alcune Regioni si faranno Stato “cristallizzando diritti di cittadinanza diversi in aree del Paese differenti” e che trattenere nei territori il gettito fiscale è una scelta pericolosa non solo per la solidarietà nazionale ma anche perché iva del requisito di base, ovvero l’estensione a tutto il territorio nazionale dei livelli standard delle prestazioni come previsto dalla legge Calderoli finora mai applicata: condivide questa preoccupazione?
Il rischio è reale, ed e quello che si è prodotto in questi anni. Quello che ci siamo trovati e da cui partiamo. Noi con questa manovra prendiamo un’altra direzione. Ci vogliono diritti di cittadinanza comuni a tutti gli italiani garantiti secondo standard fissati dallo Stato con i Lea. E quando in talune regioni i Lea non sono assicurati, lo Stato deve poter intervenire a tutela di tali diritti. Ripeto, alla base di ogni azione c’è la volontà di cambiare le cose con responsabilità. Le incrostazioni che abbiamo trovato sono tante.
Oggi è arrivato il via libera definitivo al piano ospedaliero della Regione Campania, elaborato dalla giunta De Luca con cui i rapporti del ministro della Salute non sono sicuramente idilliaci. Che ne pensa?
Chi rappresenta le istituzioni non si può permettere il lusso di anteporre proprie posizioni politiche o personali alla realizzazione degli obiettivi nel rispetto del principio costituzionale della leale collaborazione tra i livelli di governo.
Questo vale per me che sono ministro nei confronti delle Regioni e vale per il presidente De Luca nei confronti del governo e del rispetto delle leggi della Repubblica.