Per un Paese come l’Italia, che ha un patrimonio artistico, architettonico e culturale unico al mondo, la cultura è un asset assolutamente strategico. Lo è per il grande impatto che ha sull’economia e sull’occupazione, lo è in quanto fondamentale vettore di crescita locale e di inclusione sociale, lo è perché cultura, custode dell’identità nazionale, rappresenta il ponte ideale che unisce il nostro passato e il nostro futuro.
Dunque investire sulla cultura non è solo giusto, è necessario. Il punto, però, è come investire, dal momento che le risorse a disposizione non sono illimitate e i soldi non possono essere spesi a pioggia ma vanno messi cominciando da dove c’è maggiore bisogno, dando dunque la precedenza alle risorse umane, alle necessità strutturali, ai giovani, alle classi sociali più deboli e ai settori più in difficoltà.
In questo senso, una delle priorità individuate al Mibac è stata intervenire per colmare gli enormi vuoti di organico ereditati da chi ci ha preceduto. Per una ragione molto semplice: senza personale è impossibile assicurare la necessaria protezione al nostro immenso patrimonio; senza personale è impossibile valorizzare, come meritano, i nostri tesori dell’arte; senza personale i musei e i siti sono inevitabilmente destinati a chiudere. Per questo abbiamo avviato un grande piano di assunzioni finalizzato non solo a integrare gli organici destinati via via a svuotarsi per effetto dei pensionamenti, cosa a cui i passati governi non hanno nemmeno pensato, ma anche a immettere risorse nuove, per rafforzare le strutture territoriali. Un piano che porterà circa 4000 nuovi assunti entro il 2021, mille dei quali extra turnover.
Nella Manovra del popolo abbiamo poi confermato il bonus cultura per chi compirà 18 anni nel 2019, dunque per i nati nel 2001, ma con opportuni correttivi. Renzi aveva voluto il bonus come misura prettamente propagandistica, e infatti ci teneva così tanto che l’ultimo governo Pd ha persino ‘dimenticato’ di fare una norma di rango primario che estendesse il bonus al 2018, con inevitabile bocciatura da parte del Consiglio di Stato. Se non fossimo intervenuti noi, i soldi sarebbero andati persi. Abbiamo quindi salvato il bonus per i nati nel 2000 e l’abbiamo esteso anche ai nati nel 2001, prevedendo però di privilegiare per il 2019 le fasce economicamente più deboli, perché non c’è nulla di più ingiusto che fare parti uguali tra disuguali. Il figlio di una famiglia benestante ha sicuramente meno bisogno del bonus del figlio di un disoccupato, per cui ai ragazzi del 2001 i 500 euro verranno erogati in base al reddito familiare e non a tutti indistintamente. Ci siamo attenuti a un elementare e sacrosanto principio di equità sociale, com’è giusto che sia.
Abbiamo ritenuto giusto anche ottimizzare le risorse complessivamente destinate al bonus, visto che nei primi due anni, gli unici sui cui ci sono dati definitivi, mai i ragazzi hanno speso il totale stanziato e la parte non spesa è stata restituita al bilancio dello Stato, senza essere investita in attività culturali. Per questo nella manovra abbiamo deciso di destinare al bonus 230 milioni di euro (i nati nel 1999, che hanno tempo fino al 31 dicembre, ne spenderanno al massimo 208), stanziando i soldi recuperati – 40 milioni di euro – a sostegno di altri settori della cultura che ne hanno più bisogno o dove il finanziamento ha un alto valore strategico, per il rilancio di territori o di realtà in difficoltà o, come nel caso della digitalizzazione, per la spinta offerta all’innovazione.
Più precisamente, per il 2019 i 40 milioni recuperati saranno così distribuiti: 8 milioni di euro in più al Fus, Fondo unico per lo spettacolo; 2 milioni per attività culturali in Abruzzo, Lazio, Marche, Umbria, cioè le regioni colpite dal sisma del 2016; 12,5 milioni a sostegno delle fondazioni lirico-sinfoniche; un milione per sostenere il settore dei festival, cori e bande; 3,5 milioni per la valorizzazione e la promozione del patrimonio culturale delle arti applicate, in particolare moda, design e grafica; 2 milioni per interventi di riqualificazione e recupero delle periferie urbane; 4 milioni per la digitalizzazione del patrimonio culturale; 2 milioni per iniziative culturali e di spettacolo a Matera, designata capitale europea della cultura nel 2019; un milione per iniziative culturali a L’Aquila e nelle zone colpite dal terremoto del 2009, in occasione del decennale del sisma; 4 milioni per il settore del cinema e dell’audiovisivo.
In manovra abbiamo anche introdotto una norma sacrosanta per fermare il cosiddetto secondary ticketing, vale a dire quella sorta di odioso bagarinaggio online operato sugli eventi di maggior richiamo dai grandi compratori, che riescono ad assicurarsi grossi pacchetti di biglietti per poi rivenderli a prezzo maggiorato, spesso vergognosamente maggiorato. Chiunque abbia provato ad acquistare i biglietti per il concerto di un cantante o di una band famosa sa bene di cosa si tratta. Con l’emendamento presentato dal deputato del MoVimento 5 Stelle, Sergio Battelli abbiamo deciso di introdurre biglietti nominali – cioè con obbligo di nome e cognome – per gli eventi in impianti con capienza superiore ai 5000 spettatori, escludendo comunque gli spettacoli di lirica, balletto, sinfonica, cameristica, jazz, prosa, danza, circo contemporaneo, che vanno invece sostenuti, ed escludendo gli eventi sportivi.
Ancora, rimediando a un’altra inadempienza del precedente governo abbiamo salvato i fondi, ormai scaduti, destinati a Sulmona per la celebrazione del bimillenario della morte di Ovidio. Non fosse stato per il nostro governo, anche questi fondi sarebbero andati perduti.
A tutto questo, si aggiunga che abbiamo varato un grande piano per la sicurezza di dipendenti e visitatori dei luoghi della cultura senza precedenti nella storia del Mibac, con uno stanziamento di ben 109 milioni di euro, senza dimenticare le prime misure adottate e cioè l’aumento delle giornate a ingresso libero nei musei per tutti, il biglietto a soli 2 euro per i ragazzi dai 18 ai 25 anni, la conferma dell’ingresso gratuito per tutti gli under 18, l’accordo con le fondazioni lirico-sinfoniche per avvicinare i più giovani all’opera, al balletto, alla concertistica, con una quota di biglietti al prezzo simbolico di 2 euro destinata agli under 25 in alcune produzioni.
Insomma, in sei mesi abbiamo già fatto molto, individuando precise priorità su cui intervenire. Ma siamo solo all’inizio. Continueremo a lavorare per riconoscere sempre più alla cultura il ruolo che le è dovuto, per dare piena attuazione all’art. 9 della Costituzione: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”.