Lo avevano chiamato “decreto Disoccupazione”, gli stessi che hanno distrutto la stabilità del posto di lavoro con il Job’s Act facendo esplodere i contratti a termine. E invece il decreto Dignità sta funzionando come avevamo previsto, spingendo i posti di lavoro stabili anche in una fase negativa per l’economia italiana e globale (+16 mila nel quarto trimestre 2018 rispetto al terzo).
Facciamo ordine nella confusione alimentata ad arte da media e opposizioni:
1) il decreto Dignità entra in vigore il 12 luglio 2018, ma al suo interno è contenuta una clausola transitoria per consentire alle imprese di adeguarsi al nuovo regime. È dal 1° novembre che il decreto dispiega tutti i suoi effetti.
2) nel frattempo tornano le nuvole sull’economia globale: la “guerra dei dazi” tra Cina e Stati Uniti, l’imminente fine del Quantitative Easing della Bce e il calo della domanda mondiale mettono in difficoltà tutta Europa e in particolare la Germania, la quale si trascina dietro anche l’Italia, complice l’ennesima manovra recessiva del Partito Democratico approvata per l’anno 2018 dal governo Gentiloni. Torna la recessione tecnica
3) nonostante la caduta del Pil negli ultimi due trimestri del 2018 il decreto Dignità macina posti di lavoro a tempo indeterminato: sono i dati Istat di oggi a certificare che nel trimestre settembre-dicembre, su 20 mila posti di lavoro dipendenti in più rispetto al trimestre precedente, ben 16 mila sono a tempo indeterminato. Un’inversione di rotta totale rispetto al 2017
Deve essere chiaro a tutti che il decreto Dignità ha il compito di sostituire il predominio dei contratti a termine con quello dei contratti a tempo indeterminato, e i primi dati dimostrano che sta funzionando.
Non è invece compito del decreto Dignità aumentare i livelli occupazionali o far crescere il Pil. A quello ci abbiamo pensato con il rilancio degli investimenti locali, con il Reddito di Cittadinanza e con Quota 100. La Manovra del Popolo è stata approvata a fine dicembre 2018 ed è entrata in vigore meno di un mese fa, mentre le nostre misure principali dispiegheranno i loro effetti positivi da aprile, quando centinaia di migliaia di italiani inizieranno a spendere i soldi del Reddito di Cittadinanza e quelli della pensione e del Tfr (gli stessi dipendenti pubblici che sceglieranno Quota 100 avranno già nel 2019 la prima rata da 30.000 euro).
La recessione tecnica di fine 2018 è una recessione del Pd. Sfidiamo qualunque economista prezzolato a sostenere il contrario. Non vogliamo nemmeno pensare a cosa sarebbero andati incontro milioni di italiani se anche la Manovra per il 2019 fosse stata scritta da un governo del Partito Democratico. Nessuna trattativa con l’Unione Europea, ancora austerità e tasse sulle piccole e medie imprese e recessione per tutto il 2019. Noi abbiamo reagito, e alla recessione dello scorso anno targata Gentiloni risponderemo quest’anno iniettando soldi freschi nell’economia.