Smottamenti di terreno a Duvanny Yar, un’enorme voragine nel permafrost lungo il fiume Kolyma nella Siberia settentrionale. Una nuova ricerca suggerisce che in alcune regioni dell’Artide, sia in Alaska che in Russia, il suolo non si congela più nel periodo invernale. Queste frane continue, generate dall’erosione e accelerate dall’innalzamento della temperatura, rappresentano un importante sito di ricerca per gli scienziati, che le studiano per cercare di capire cosa succede quando dei terreni ricchi di carbonio che sono rimasti congelati per secoli cominciano a sciogliersi.
Cherskiy, Russia – Nikita Zimov stava insegnando ai suoi studenti di ecologia a fare ricerche sul campo nella Siberia del Nord quando “inciampò” su un inquietante indizio che il suolo ghiacciato potesse scongelarsi molto più velocemente del previsto.
Zimov, come suo padre Sergey Zimov, ha passato anni a gestire una stazione di ricerca che registra i cambiamenti climatici nell’Estremo Oriente Russo, una regione dove la temperatura sta aumentando velocemente. Così quando i suoi studenti sondarono il terreno e prelevarono campioni di suolo in mezzo alle collinette ricoperte di muschio ai boschi di larice vicino a casa sua, 370 chilometri a nord del Circolo Polare Artico, Nikita Simov sospettò che c’era qualcosa che non andava.
Per essere sicuro, in aprile inviò un gruppo di operai con le trivelle pesanti. Perforarono il suolo per circa un metro e trovarono una densa poltiglia di fango. Zimov disse che era impossibile. Cherskiy, la comunità di 3000 persone lungo il fiume Kolyma, è uno dei luoghi più freddi sulla Terra. Anche in primavera avanzata il terreno sotto la superficie dovrebbe essere completamente congelato. Solo che quest’anno non lo era.
Ogni inverno nell’Artide i centimetri superficiali del suolo e la ricca materia vegetale congelano per poi sciogliersi di nuovo l’estate successiva. Sotto questo strato di terreno attivo superficiale che si estende per uno spessore di decine o centinaia di metri, si trova la terra perennemente gelata chiamata permafrost che in alcuni posti è congelata da millenni.
Ma in una regione dove le temperature possono scendere fino a 40 gradi centigradi sottozero, gli Zimov sostengono che le nevicate eccezionalmente abbondanti di quest’anno hanno funzionato da “coperta”, intrappolando il calore in eccesso nel terreno. Padre e figlio hanno trovato sezioni di terreno di 75 cm di profondità, suolo che normalmente congela prima di Natale, che erano rimaste umide e fangose tutto l’inverno. Per la prima volta a memoria d’uomo, il suolo che isola il permafrost dell’Artide semplicemente non si era congelato in inverno.
“Questo è davvero sbalorditivo” dice Max Holmes, uno scienziato che studia l’Artide al Woods Hole Research Institute nel Massachusetts.
La scoperta non è stata validata da altri ricercatori né pubblicata su una rivista scientifica e si basa su pochi dati provenienti da un’unica località per un solo anno. Ma con le misurazioni fatte da altri due ricercatori, uno nelle vicinanze e uno dall’altra parte dell’oceano, che sembrano supportare la scoperta degli Zimov, alcuni esperti dell’Artide si trovano di fronte a una considerazione preoccupante: è possibile che in alcune delle regioni più fredde e più ricche di carbonio dell’Artide il permafrost cominci a scongelarsi più velocemente di quanto molti si aspettino, rilasciando così gas a effetto serra, fino a ora intrappolati nel ghiaccio, che potrebbero accelerare il fenomeno dei cambiamenti climatici causato dall’uomo?
continua su NationalGeographic.it