La grande opportunità che la cittadinanza digitale ci offre
“La cittadinanza digitale non ha niente a che vedere con la cittadinanza com'è stata elaborata, pensata e vissuta all'interno della storia dell'Occidente. Ora abbiamo l'opportunità per pensare un mondo nuovo e per pensare anche un umano nuovo!”Massimo Di Felice, docente di teoria delle reti all’Università di San Paulo in Brasile, direttore dei centro internazionale di ricerca Atopos e autore dei libro "Net-attivismo", spiega la cittadinanza digitale ⤵️
Pubblicato da Associazione Rousseau su Mercoledì 2 gennaio 2019
La cittadinanza digitale è un nuovo tipo di cittadinanza. Non ha niente a che vedere con la cittadinanza com’è stata elaborata, pensata e vissuta all’interno della storia dell’Occidente.
Ma qual era la caratteristica della democrazia occidentale?
Era basata su un’idea di comunità composta soltanto da umani. Dove gli umani scambiavano tra loro opinioni e diversi punti di vista e amministravano la cosa pubblica. Questa ecologia, intesa come sistema complesso, è stata completamente stravolta dall’avvento delle reti digitali e delle ultime generazioni di connessione, che hanno iniziato a mettere in rete non soltanto gli umani, ma tutte le superfici e le entità che esistono attraverso “l’internet delle cose”. La cittadinanza digitale è l’inizio di una nuova comunità, di una nuova idea di comunità e di una nuova ecologia all’interno della quale ogni entità umana e non umana per agire deve inevitabilmente connettersi e dialogare con le altre.
Visto che l’idea di società che avevamo non è più adeguata per la complessità della società in cui abitiamo, è necessario superare e ripensare anche l’idea di democrazia.
La democrazia non sarà più il potere del popolo. Ma sarà sempre più una forma di “cosmopolitica”, come la definisce Stengers, ovvero di relazioni tra umani e non umani. Un’ecologia all’interno della quale tutti i membri devono entrare in accordo per poter creare delle forme di relazioni, dei modi di esistenza sostenibili e che riescano a creare delle forme di interazione intelligenti. Ossia adattative e capaci di perpetuarsi nel tempo.
Le piattaforme digitali, architetture ecologiche all’interno delle quali ci sono database, circuiti informativi e alle quali ci possiamo connettere attraverso dispositivi, possono essere gli spazi e le architetture informative che sostituiscono i parlamenti.
Quindi con questo sistema avremmo un’ecologia non più soltanto umana, ma che, grazie all’accesso a dati, ci permette di connetterci anche alle biodiversità. È all’interno delle piattaforme che è possibile realizza questa nuova forma di politica contrattuale tra umani e non umani. Nel parlamento questo è assolutamente impossibile farlo. Al contrario nelle piattaforme si crea questa intelligenza connettiva che permette la scelta di decisioni in un dialogo tra: entità, dati, circuiti e forme di intelligenza anche ecologica.
Secondo la teoria di Gaia di James Lovelock la terra non è più un pianeta terracqueo, non abitiamo su una sfera che “vaga” nell’universo. Noi siamo parte di un organismo vivo composto da milioni di altri organismi vivi e come tutti gli altri organismi ha un livello di equilibrio. È necessario, quindi, ripensare anche a che cos’è l’umano e ripensare a che cos’è la natura e elaborare “un nuovo passato” viste le qualità delle trasformazioni che stiamo vivendo dovute all’avvento delle reti digitali e di una nuova cultura ecologica.
Perché probabilmente se noi abitiamo l’organismo vivo, se siamo tutti connessi, l’idea di umano che l’Occidente ha creato separato dall’ambiente, separato dalla tecnica è qualcosa che va ripensata e quindi la cittadinanza digitale non è un insieme di nuove pratiche o nuovi i diritti, ma è l’opportunità per pensare un mondo nuovo e per pensare anche un umano nuovo. Questa, secondo me, è la vera grande opportunità che la cittadinanza digitale ci offre.