La Germania sospende la sua partecipazione all’operazione Sophia “finché il mandato della missione non verrà chiarito”. Questa decisione non è la causa ma la conseguenza del fallimento europeo nella gestione immigrazione. La Germania prende atto di quello che ripetiamo da anni: l’Europa non dà una risposta comune a un fenomeno di portata mondiale e che viene alimentato anche dal comportamento neo-coloniale di alcuni Stati europei.
CHE COS’È LA MISSIONE SOPHIA
Lanciata nel 2015, la missione europea Sophia è una operazione militare il cui scopo principale è quello di contrastare i trafficanti di esseri umani nel Mediterraneo centrale. Dà inoltre un sostegno alla guardia costiera libica per gestire meglio i propri confini esterni. Per questa ragione sono stati addestrati finora 300 militari della Guardia Costiera e della Marina libica. Tuttavia, per i primi 3 mesi del 2019 l’Unione europea ha messo a bilancio appena 1,1 milioni di euro, una miseria. Inoltre, questa missione, così come quella Triton sottoscritta da Renzi, prevede che tutte le navi soccorse in Mar Mediterraneo vengano condotte nei porti italiani.
IL MOVIMENTO 5 STELLE AVEVA DENUNCIATO TUTTO
Nel 2017 Luigi Di Maio a Bruxelles aveva denunciato le regole di ingaggio di queste missioni firmate dal Pd in Europa e aveva chiesto – in un incontro con il direttore di Frontex – il loro superamento. Sempre nel 2017 Emma Bonino, l’ex-ministro degli esteri del governo PD di Enrico Letta, ammetteva che “gli sbarchi avvenissero tutti quanti in Italia”: una richiesta fatta proprio dal governo Renzi. Siamo al lavoro per rimediare tutti i disastri del Pd.
L’ITALIA NON PUÒ ESSERE UNICO PORTO DI SBARCO
Non è più concepibile che l’Italia sia l’unico porto di sbarco delle navi soccorse nel Mar Mediterraneo. Ecco perché il Ministro della Difesa Trenta aveva proposto al vertice dei Ministri della Difesa europei di agosto la creazione di un meccanismo di coordinamento per la scelta del porto di sbarco, una proposta in linea con il principio di cooperazione ed equa ripartizione delle responsabilità che assicura una gestione comunitaria ad un fenomeno europeo. Purtroppo dall’Europa è arrivato un no e le regole di ingaggio della missione sono, nonostante le proroghe, sempre le stesse.
Se vogliamo davvero sconfiggere i trafficanti di esseri umani, se vogliamo azzerare il numero dei morti in mare, se vogliamo frenare il proliferare di centri accoglienza straordinaria gestiti spesso discutibilmente, servono alternative legali ai barconi della morte. Come? Con piattaforme europee nei Paesi terzi di transito considerati sicuri, in modo da identificare lì i richiedenti asilo e rilasciare un visto umanitario. Solo così si dà una risposta legale ed una gestione efficace dei flussi migratori.
49 MILIARDI DI PERDITE ECONOMICHE
Uno studio del Parlamento europeo quantifica i costi economici per l’UE e gli Stati Membri dovuti alle lacune del sistema europeo comune di asilo. Il costo economico stimato è di 49 miliardi di euro all’anno e include i costi dovuti all’immigrazione irregolare, le inefficienze delle procedure di asilo, le cattive condizioni di salute e di vita, basse entrate fiscali dovute a una mancata inclusione nel mercato del lavoro. Questo studio del Parlamento europeo rende onore ad anni di battaglie del Movimento 5 Stelle. Siamo stati i primi a denunciare gli effetti perversi del regolamento di Dublino e dell’operazione Triton che hanno lasciato l’Italia sola ad affrontare un fenomeno mondiale. Adesso però l’Europa deve passare dalle parole ai fatti puntando sull’equa ripartizione delle responsabilità tra tutti i Paesi europei in modo automatico e senza filtri.