traduzione di un articolo pubblicato sul Telegraph
La mafia ha guadagnato 3 miliardi di euro (2,6 miliardi di sterline) nell’ultimo decennio dirottando i fondi europei destinati a un parco nazionale in Sicilia, secondo quanto dichiarato da un ex direttore dell’area protetta, sopravvissuto a un tentativo di omicidio mafioso.
Giuseppe Antoci è riuscito a mala pena a salvarsi nel 2016, quando gli aggressori hanno teso un’imboscata alla sua macchina durante la notte, collocando rocce su una strada isolata e tortuosa.
Due o tre uomini hanno aperto il fuoco, ma sono stati respinti e costretti a fuggire dalle rapide reazioni della scorta della polizia del direttore. Nel suo nuovo libro, il direttore spiega come i clan di Cosa Nostra nella Sicilia orientale hanno fatto enormi profitti dirottando i fondi europei destinati agli allevatori che pascolano pecore e bovini entro i confini del Parco Nazionale dei Nebrodi da 200.000 acri.
Le famiglie mafiose usano minacce violente per dissuadere gli allevatori dal mettere in gara le licenze per l’affitto di terreni da pascolo di proprietà dello Stato. I clan sono infatti in grado di assicurare gli stessi affitti a tassi bassi, spesso utilizzando società di facciata, e ottenendo milioni di euro in sussidi UE.
In 10 anni sono stati in grado di intascare fraudolentemente 3 miliardi di euro, ha dichiarato Antoci, che ha combattuto per anni per fermare la frode, e ancora deve vivere sotto la protezione della polizia.
In via esemplificativa, ha raccontato che da un lotto di terra, (che copre 1.000 ettari che corrispondono a 2.470 acri ) che la mafia ha affittato per 36.400 € all’anno, sono riusciti a guadagnare almeno 1 milione di euro su quei 1.000 ettari”, ha spiegato Antoci nel suo libro “La Mafia dei pastori, la grande frode europea.”
“Per anni le famiglie della mafia hanno terrorizzato i proprietari terrieri onesti e hanno affittato terreni all’interno del parco per qualche migliaio di euro, intascando ogni anno centinaia di migliaia di euro dall’UE”, ha dichiarato.
La mafia non è nulla se non creativa. Ad esempio, hanno ricevuto 200.000 euro in fondi UE per costruire un bed and breakfast, ma hanno poi usato questi fondi per costruire una villa per una famiglia mafiosa.
Sono stati accusati dalla polizia di aver disboscato le foreste per ottenere più pascoli, in modo particolarmente crudele, ovvero legando stracci imbevuti di benzina ai gatti, poi rilasciati nei boschi. Gli animali sparpagliavano il fuoco su una vasta area mentre fuggivano terrorizzati, rendendo difficile per gli esperti identificare dove era iniziata la fiammata. Antoci ha iniziato a combattere l’affitto fraudolento e l’intimidazione dei proprietari terrieri locali nel 2014, un anno dopo essere stato nominato direttore del parco. Ha trovato una collusione diffusa tra famiglie mafiose e politici locali, che hanno chiuso gli occhi sull’illegalità.
Ignazio Corrao, eurodeputato siciliano, ha sollevato la questione delle frodi diffuse nella cosiddetta “agro-mafia” al Parlamento europeo. Ha denunciato quella che ha definito la “profonda infiltrazione” dei clan mafiosi nel processo di gara. La frode comporta che “milioni di euro di fondi UE per l’agricoltura stanno andando direttamente nei conti bancari delle famiglie mafiose”, ha detto a novembre. Il deputato, del Movimento a Cinque Stelle, che governa in coalizione con l’estremista Lega. Corrao ha dichiarato che la mafia ha “monopolizzato” l’affitto di pascoli all’interno del parco.
Il signor Antoci è stato rimosso dal suo incarico da un governatore regionale neo-eletto nel febbraio dello scorso anno, sei mesi prima la scadenza del suo mandato. Ha dichiarato che ha inviato un messaggio a Cosa Nostra affinché possano continuare a comportarsi impunemente. Il mese scorso un sindaco locale ha scritto al presidente italiano per lamentarsi del fatto che la frode era ancora in corso. Fabio Venezia, il sindaco di Troina, che si trova ai margini del parco nazionale, ha lamentato quello che ha definito un “clima opprimente” nella Regione. Ha detto di aver ricevuto “minacce e intimidazioni” ogni volta che ha cercato di assicurarsi che le famiglie della mafia non fossero in grado di mettere le mani su contratti di pascolo.
Non è solo in Sicilia che la mafia ha integrato al settore agricolo le sue tradizionali attività di racket, prestito, droghe e prostituzione. Ha infiltrato l’agricoltura in tutto il paese e ha interessi lungo tutta la catena alimentare, dai produttori ai mercati all’ingrosso e ai ristoranti, dicono i magistrati antimafia. Il valore del “business dell’agro-mafia” è stato stimato lo scorso anno a oltre 22 miliardi.