Il salario minimo legale esiste in 22 Stati Membri dell’Unione europea, 23 se includiamo anche Cipro, dove il salario minimo si applica solo in determinate occupazioni. Lo rivela l’ultimo rapporto di Eurofound, l’agenzie europea per il miglioramento delle politiche sociali e occupazionali. La remunerazione mensile più alta spetta al Lussemburgo con 1.998,59 euro al mese, seguito da Irlanda (1.614 euro), Olanda (1.578 euro), Belgio (1.562,6 euro) e Francia(1.498,5 euro). In fondo alla classifica troviamo Romania (407,3 euro), Lituania (400 euro) e Bulgaria (260,8 euro).
In Italia, Austria, Danimarca, Finlandia e Svezia non esiste uno stipendio minimo stabilito per legge perché i salari vengono stabiliti dai contratti collettivi. In Italia Sindacati e Confindustria sono contrari all’istituzione di un salario minimo legale perché preferiscono che la fissazione delle retribuzioni avvenga appunto tramite la contrattazione collettiva nei diversi settori. Così sono liberi di impoverire i lavoratori.
Il trattato sul funzionamento dell’Unione europea non conferisce all’UE competenze in materia di salari e retribuzioni. Tuttavia, i principi del pilastro europeo dei diritti sociali riconoscono ai lavoratori il diritto a una retribuzione equa che offra un tenore di vita dignitoso.
Nella relazione di iniziativa (A8-0040/2016) approvata dal Parlamento europeo abbiamo chiesto che “la Commissione valuti le modalità e gli strumenti per garantire, a livello di Stati membri, un salario minimo adeguato, in linea con le prassi e gli usi nazionali e nel rispetto delle caratteristiche di ciascun paese, al fine di sostenere la convergenza sociale in tutta l’Unione”.
In Italia quasi il 12% dei lavoratori dipendenti ha un salario inferiore ai minimi contrattuali contro una media europea del 9,6%. Bisogna intervenire soprattutto per difendere i giovani che sono i più penalizzati. In Commissione Lavoro al Senato abbiamo depositato un disegno di legge, a prima firma Nunzia Catalfo, che istituisce il salario minimo orario. Così come avvenuto con il reddito di cittadinanza, stiamo lavorando per affermare i diritti che i partiti hanno negato in questi anni a milioni di italiani