Facile come bere un bicchier d’acqua, si dice. Ma più facile ancora quando il bicchiere o la bottiglia non sono di plastica né usa e getta. I rubinetti e le fontane del nostro Paese erogano una delle acque più buone e più controllate al mondo, peraltro a un costo più che sostenibile. Purtroppo però il bisogno indotto negli ultimi decenni, grazie al potere della pubblicità, della minerale in bottiglia ha prodotto enormi danni sul fronte dell’inquinamento, sia per il trasporto delle bottiglie in lungo e in largo per l’Italia sia per l’utilizzo, o per meglio dire spreco, di materie prime e fonti fossili: tanta plastica che poi diventa rifiuto con le conseguenze che conosciamo.
QUANTO PESA LA MINERALE. La produzione di un chilogrammo di PET, il quantitativo di materiale necessario a realizzare 30 bottiglie di plastica, richiede 17,5 chilogrammi di acqua e rilascia in atmosfera 40 grammi di idrocarburi, 25 grammi di ossidi di zolfo, 18 grammi di monossido di carbonio e 2,3 chilogrammi di anidride carbonica: lo racconta nel dettaglio Paul Mc Rande nel suo The green guide (in State of the world 2004, Edizioni Ambiente). L’assurdo è poi che l’equivalente di metà dei 45 litri d’acqua contenuti nelle 30 bottiglie serve a produrre le bottiglie stesse!
L’IMPATTO DEL SU E GIÙ. Veniamo ora ai costi per il trasporto: Un camion che porta 15 tonnellate, che corrispondono a 10.000 bottiglie d’acqua da 1,5 litri, consuma 1 litro di gasolio ogni 4 km (25 litri ogni 100 km). Ipotizzando una percorrenza media di 1.000 km, tra andata e ritorno (l’acqua altissima e purissima che va del Sud Tirolo-Alto Adige alla Sicilia ne percorre molti di più), il consumo di gasolio ammonta a 250 litri, ovvero 250.000 cm cubi che, divisi per 10.000 bottiglie corrispondono a 25 cm cubi di gasolio per bottiglia. Questo significa che una persona che ogni giorno beve un litro di minerale in plastica sta determinando in un anno il consumo di 6 litri di gasolio.
IL GASOLIO CHE BRUCIAMO. Sei litri di gasolio l’anno per ogni italiano sono un’enormità, ma non sono tutto: vanno aggiunti i consumi di petrolio per produrre le bottiglie di plastica (8 kg per 240 bottiglie), i consumi di gasolio dei camion che trasportano le bottiglie di plastica dal produttore e chi le imbottiglia e quello dei camion della nettezza urbana che le trasportano dai cassonetti agli impianti di smaltimento o riciclo. Poi ci sono i consumi di carburante e le emissioni prodotte dagli acquirenti nei tragitti da casa al luogo di acquisto e di smaltimento se si usa un veicolo a scoppio per aggiungere i cassonetti. Tutte queste considerazioni fanno pensare che i litri di gasolio o benzina che i consumatori di acqua minerale in bottiglia “bruciano” ogni anno possono essere tranquillamente più di 8 pro capite.
E LE NOSTRE TASCHE? A questo si aggiunge poi un’altra valutazione, meramente economica. Avete idea di quanto costino nel nostro Paese mille litri d’acqua che sgorga dal rubinetto? Circa un euro. Basta comprare una bottiglia di minerale da un litro e moltiplicare per mille per capire quanto risparmia chi rinuncia all’acqua in bottiglia.
Una famiglia di quattro persone spende quindi ogni anno da 320 a 720 euro e fa bruciare almeno 32 litri di combustibili fossili per bere acqua in bottiglie di plastica invece dell’acqua potabile, che sgorga dal rubinetto di casa o dalle fontane delle città quando andiamo in vacanza. A tutto questo si aggiunge poi la produzione di rifiuti che è stimata fino a 12 chilogrammi di rifiuti in plastica prodotti a famiglia. Se non riciclata, ma messa in discarica o bruciata, questa plastica produce un enorme danno ambientale in termini di diossine, polveri ultrasottili ed altri inquinanti. Ma non finisce qui, perché se la si incenerisce l’energia che si ricava bruciando plastica è molto minore di quella utilizzata per produrre l’oggetto. Dunque un altro spreco di cui si può tranquillamente fare a meno e con il quale cominceremo a fare i conti già approvando nei prossimi mesi la nostra legge sull’acqua pubblica, che penalizza l’uso delle bottiglie di plastica e – finalmente – aumenta i canoni ai concessionari, che negli ultimi decenni hanno guadagnato cifre spropositate ai danni delle nostre tasche e dell’ambiente.