Un drone che si aggira sui tetti e con un “nasone” tecnologico annusa il fumo che esce dai comignoli delle nostre case, per controllare se e quanto inquini. È un’immagine inedita a cui però gradualmente ci abitueremo: la presenza sopra le nostre teste di piccoli oggetti volanti che fanno qualcosa di utile per noi, in questo caso monitoraggio ambientale. Quello che Ugo Rossi, ingegnere aeronautico e mente della startup fiorentina E-lite System Engineering, tiene a sottolineare, però, è che il vero obiettivo di chi come lui sta sperimentando questa tecnologia è arrivare a «un sistema digitalizzato per il controllo e la gestione dei rischi sul territorio che vada ben oltre i droni».
«Il drone è carino perché vola e rende la tecnologia sicuramente spettacolare. Ma i droni – precisa Rossi – sono solo i vettori di questa tecnologia. Ciò che è più importante è la possibilità di collegare il drone con i sensori e poi con la rete di analisi e interpretazione del dato». Nel progetto elaborato dalla startup c’è infatti anche tutto quello che viene dopo i droni e cioè la possibilità di usare i dati raccolti trasformandoli in grafici e mappe 2D e 3D, condividerli poi attraverso l’IoT, cioè l’Internet delle cose, e costruire un cruscotto di controllo, una sorta di centrale operativa per la gestione.
La startup ha presentato al Cnr i suoi prototipi di droni che rilevano la quantità di inquinamento in ambito urbano. Le rilevazioni tengono conto di diversi parametri: la temperatura, l’umidità, la pressione atmosferica, l’anidride carbonica, il particolato e altri gas presenti nell’aria. «Vari studi scientifici realizzati da diversi enti come l’Arpa e l’Isac di Bologna hanno dimostrato che il 50 per cento del particolato presente nell’aria che respiriamo viene dalle biomasse», dice Rossi. In altre parole, una delle principali fonti di inquinamento sono i camini delle nostre case. È per questo che i primi prototipi realizzati da E-lite System Engineering e presentati al Cnr sono dei droni dotati di sensori intelligenti che volano sui tetti e fanno rilevazioni sulla qualità dell’aria in diversi punti del territorio, creando così una mappa di quello che succede tra terra e cielo nelle nostre città.
«Ormai possiamo mettere sensori ovunque: sui cassonetti o sui mezzi di trasporto. Questo ci consente di creare una rete diffusa che può rappresentare un importante strumento di supporto ai Comuni per prendere decisioni ed emettere delibere mirate per affrontare il problema dell’inquinamento. È anche un servizio al cittadino, che può quindi sapere quali zone della sua città sono le più inquinate ed eventualmente decidere i suoi percorsi giornalieri in base a questo. È così che una città può diventare davvero smart», aggiunge Rossi.
Al momento, però, i Comuni più avanzati hanno sul loro territorio in media solo tre centraline di rilevazione e non ci vuole molto per capire che non sono sufficienti per tenere sotto controllo tutto quello che accade dal punto di vista ambientale sul territorio. Non solo nell’aria, ma anche sugli argini dei fiumi o nelle strutture dei ponti. I controlli, poi, non sono frequenti e soprattutto non sono accurati: questo implica che non si riesca a fornire un indirizzo puntuale alle amministrazioni che vogliono prendere in mano la gestione dell’inquinamento.
Quello che lamenta l’ingegner Rossi è quindi la difficoltà a far comprendere la portata di questo utilizzo della tecnologia: «Come qualsiasi progetto innovativo, trovare un mercato è difficile. Quando questo mercato deve essere trovato nella Pubblica amministrazione tutto si fa più complicato. La nostra missione in questo momento è far capire che solo avendo un’idea precisa di quello che c’è nell’aria delle nostre città si possono prendere provvedimenti mirati a tutela dei cittadini, invece di scrivere documenti vaghi ed emettere ordinanze approssimative e poco efficaci quando scatta l’allarme polveri sottili», sottolinea Rossi.
La tecnologia di E-Lite System Engineering partecipa al progetto di Ancitel Energia e Ambiente per il controllo della qualità dell’aria urbana. Ugo Rossi è riuscito a coinvolgere in questo progetto anche dei giovani studenti di diverse discipline che si sono appassionati alla sua visione di digitalizzazione della gestione dei rischi ambientali. «Il nostro progetto è nella sua fase preliminare. Abbiamo dimostrato con i nostri droni che i rilevamenti si possono fare. Ci manca però un passaggio culturale: far passare l’idea che in un periodo in cui le risorse economiche da destinare alla prevenzione e al controllo del rischio ambientale sono ridotte e tendono ancora a diminuire nel tempo, è necessario puntare sulla tecnologia. La sensoristica ci apre possibilità che fino a qualche tempo fa erano assolutamente impensate. Perché non sfruttarle al massimo per evitare che i problemi diventino critici e non più gestibili?», conclude Rossi.