Banca d’Italia e Consob sono due istituzioni troppo importanti per essere lasciate nelle mani sbagliate. Chi non vuole il cambiamento si rifugia dietro la loro “indipendenza”, che nessuno vuole toccare. L’importante è che l’indipendenza non diventi mancanza di responsabilità davanti ai gravi errori commessi.
Tutti sanno che negli ultimi anni la vigilanza sul nostro sistema bancario e finanziario è stata inadeguata, per non dire disastrosa. Non sono stati valutati correttamente i rischi patrimoniali della gestione spesso scellerata del credito da parte di manager incapaci o politicizzati, e sono state permesse vendite fraudolente ai clienti “retail”, cioè quelli tendenzialmente meno preparati a valutare il rischio dei loro investimenti.
È successo in particolare con le obbligazioni subordinate, vendute e remunerate alla clientela come fossero prive di rischio ma in realtà molto rischiose, soprattutto dopo il recepimento nazionale della direttiva europea sul “bail-in” che includeva queste obbligazioni nel perimetro di quelle aggredibili in caso di crisi bancaria.
Questi errori, o più probabilmente si è trattato di collusioni tra vigilanti e vigilati, sono costate tantissimo a centinaia di migliaia di piccoli risparmiatori, compresi clienti a cui venivano vendute azioni della banca in cambio del finanziamento richiesto.
Abbiamo assistito inermi ai “salvataggi” di quattro banche popolari, delle due banche venete e di Mps, mentre anche Carige veniva spolpata e gli azionisti di fatto azzerati. Nel caso delle banche popolari c’è stato almeno un caso accertato di suicidio. Non stiamo parlando quindi di peccati veniali, ma di un attacco senza precedenti all’art.47 della Costituzione italiana, che impone la “tutela” del risparmio “in tutte le sue forme” richiedendo alla Repubblica di disciplinare, coordinare e controllare l’esercizio del credito.
Questo dovrebbero fare Banca d’Italia e Consob: la prima vigilando in particolare sul contenimento del rischio, la stabilità patrimoniale e la sana e prudente gestione dei singoli istituti, la seconda sulla trasparenza e la correttezza dei comportamenti degli intermediari finanziari. Entrambe dovevano intervenire tempestivamente nel caso di vendite scorrette alla clientela o nel caso di operazioni di investimento pericolose da parte delle banche, come è accaduto in passato per Mps nella ristrutturazione del derivato Alexandria o nei rapporti con Deutsche Bank. Ricordiamo che vigilare sul sistema finanziario nazionale è ormai il compito fondamentale che deve svolgere Banca d’Italia, dato che la politica monetaria è passata da molto tempo alla Bce. Se i vertici della nostra banca centrale non hanno fatto il loro lavoro è sacrosanto che vengano sostituiti.
Nel tempo è intervenuta anche una normativa europea teoricamente più rigorosa, con il passaggio dalla Mifid alla Mifid II, ma nulla è cambiato anzi, forse l’indisciplina degli intermediari finanziari è persino peggiorata davanti agli occhi socchiusi dei vigilanti.
Cambiare i vertici, azzerarli se necessario, serve anche a mandare un messaggio ai risparmiatori traditi: lo Stato torna ad essere garante del risparmio, sciogliendo i legami incestuosi tra politica e finanza. E lo fa dopo aver stanziato un fondo da 1,5 miliardi di euro per risarcire azionisti e obbligazionisti colpiti dal sistema finanziario.
D’altra parte quello che vogliamo, come Governo del Cambiamento, è solo di esprimerci sui nomi dei vertici di Banca d’Italia e Consob. Ci è consentito dalla legge e lo faremo senza paura di toccare qualche potere forte che si fa scudo attraverso i media o le solite relazioni politiche privilegiate.
Abbiamo già espresso la nostra preferenza per Consob, indicando una persona di innegabile competenza come Paolo Savona. È il turno di Banca d’Italia, ed una cosa è certa: chi ha partecipato alla vigilanza degli ultimi anni, la più fallimentare della nostra storia repubblicana, non può rimanere al suo posto come se nulla fosse successo.