Mentre il MoVimento 5 Stelle approva il Reddito di Cittadinanza, riduce la pressione fiscale sulle imprese e porta avanti il salario minimo orario per i lavoratori, il “nuovo” Partito Democratico di Zingaretti ha altre priorità: ripristinare il finanziamento pubblico ai partiti e aumentare ancora gli stipendi dei parlamentari.
Non è uno scherzo, abbiamo le prove: il nuovo tesoriere del Pd di Zingaretti, Luigi Zanda, ha presentato di recente due proposte di legge, una l’11 luglio 2018 e l’altra il 27 febbraio 2019.
Con la prima si vorrebbe reintrodurre quel finanziamento pubblico ai partiti che i cittadini italiani hanno gia’ bocciato con un referendum e che dopo tanta fatica è stato abolito definitivamente nel 2017. In particolare il Pd propone di istituire un fondo da 90 milioni di euro presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze per coprire le spese dei partiti, comprese quelle per pagare gli affitti degli immobili che lo stesso Partito Democratico possiede in tantissime città italiane. Come noto, il MoVimento non ha sedi ufficiali e non ha affitti da pagare, ma anche se li avesse non si sognerebbe mai di chiedere i soldi ai contribuenti. Nella legislatura 2013-2018 abbiamo rinunciato a 47 milioni di euro di finanziamento pubblico a cui avevamo diritto se solo ci fossimo dotati di uno Statuto. La nostra storia dimostra che una politica senza soldi è possibile, e chi diceva il contrario ha dovuto chiudere la bocca di fronte alla nostra coerenza. E ora il Pd che fa? Rivuole il malloppo con gli interessi, e propone di sottrarre tempo ed energie ad un Ministero decisivo come quello dell’Economia per gestire un fondo che gli italiani non vogliono. I soldi per i partiti il Pd vorrebbe trovarli tagliando ancora sanità, scuola e servizi pubblici fondamentali. Dopo il massacro sociale dei governi Letta, Renzi e Gentiloni, questa proposta sembra quasi una presa in giro.
Basterebbe questo per capire che il nuovo Pd di Zingaretti è tutto fumo e niente arrosto, ma Zanda è andato oltre, proponendo di riempire ancora un po’ le tasche dei parlamentari. Non bastano i ricchi stipendi di cui già ora godono senatori e deputati, il Pd vorrebbe “adeguarli” agli stipendi dei parlamentari europei, ancora più alti. La proposta prevede di aggiungere alle quote mensili già previste, comprensive del rimborso spese per segreteria e rappresentanza, altre componenti: un’indennità transitoria a carattere temporaneo, il cui diritto matura allo scadere del mandato parlamentare, in sostituzione dell’attuale assegno di fine mandato; un trattamento differito di natura assicurativa, il cui diritto matura a condizione che sia scaduto il mandato parlamentare e che il beneficiario abbia compiuto il sessantatreesimo anno di età, in sostituzione del vitalizio; e infine, in caso di invalidità insorta nel corso del mandato, una pensione di invalidità, il cui diritto matura al momento della cessazione delle funzioni.
Insomma, si chiamano con altro nome il Tfr e i vitalizi e si aggiunge anche una pensione di invalidità, per non farsi mancare nulla.
E in tutto questo Zingaretti che fa? Silenzio/assenso.
A poche settimane dalla sua vittoria nelle primarie meno partecipate della storia del partito, ha già preso posizione a favore della Tav, rigettato un confronto con Di Maio sul salario minimo orario e criticato il Reddito di Cittadinanza. Ci mancava solo quest’ultimo affronto nei confronti di chi non ce la fa più. Un ritorno al passato sul finanziamento pubblico ai partiti e sugli stipendi dei parlamentari per completare il quadro…