“Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”.
Così recita l’articolo 36 della nostra Costituzione. Un’affermazione di principio fondamentale che, tuttavia, non ha trovato piena attuazione, specialmente negli ultimi anni, caratterizzati da una progressiva precarizzazione del mercato del lavoro e da politiche regressive in campo sociale. Gli effetti di tali politiche sono ben fotografate dai dati rilasciati recentemente dall’Inps, che ha certificato come il 22% dei lavoratori italiani, circa 3 milioni di persone, percepisca una retribuzione oraria inferiore ai 9 euro lordi. È proprio sulla riaffermazione dei principi sanciti dalla nostra Costituzione, che rappresenta un baluardo da valorizzare e sul quale improntare le azioni di Governo, che abbiamo fondato la nostra proposta sul salario minimo orario.
E perché il salario minimo rappresenta una misura fondamentale per dare piena attuazione alla nostra Costituzione?
Per comprenderlo è sufficiente rifarsi ai lavori della costituente. Proprio in merito all’articolo 36 della nostra Costituzione, che parla della necessità di una retribuzione sufficiente ad assicurare un’esistenza libera e dignitosa, sono numerosi gli interventi dei padri costituenti che parlano esplicitamente della necessità di un salario minimo. Aladino Bibolotti propose addirittura di inserire nel testo costituzionale che “il salario minimo individuale e familiare e la durata della giornata lavorativi sono stabiliti dalla legge”. E aggiungeva come “il salario minimo individuale e familiare viene a costituire oggi nella società moderna la garanzia dell’eliminazione, nel campo del lavoro, della miseria nera, viene cioè a sancire un principio nuovo e moderno, secondo il quale non è lecito sfruttare l’opera del lavoratore senza assicurargli un minimo di retribuzione”. Queste parole risultano tutt’ora attuali, a più di settant’anni di distanza. Nel suo intervento questo padre costituente concludeva con un auspicio: “Io spero che questa mia proposta venga accettata da tutti coloro che si sono schierati per l’inserimento nella nostra Costituzione repubblicana di quelle garanzie di ordine sociale che costituiscono la fondamentale caratteristica del nostro progetto di Costituzione, cioè i diritti del lavoro”. Una speranza che oggi facciamo nostra, rivolgendoci a tutti i partiti e a tutte le parti sociali chiamate in causa.
Il salario minimo orario rappresenta il necessario complemento al Reddito di Cittadinanza, per garantire quell’esistenza libera e dignitosa di cui parla la nostra Costituzione. L’Italia è tra gli ultimi 6 Paesi europei su 28 ancora sprovvisti di un salario minimo sancito per legge. Se venisse approvato il nostro disegno di legge, qualsiasi contratto collettivo dovrebbe stabilire un salario minimo orario uguale o superiore a quello fissato, che andrà ad aumentare annualmente adeguandosi all’inflazione. Una misura di civiltà, pienamente inserita nel solco tracciato dai nostri padri costituenti, e che riaffermando la dignità del lavoro dà piena attuazione a quanto ci impone la Costituzione. Dobbiamo invertire il trend degli ultimi 30 anni, avallato da tutte le forze politiche, che ha fatto del lavoratore un fattore da massimizzare. Non è su questi presupposti che si fonda tuttavia l’ossatura del nostro apparato produttivo, fatto di piccole e medie imprese, per le quali il lavoratore rappresenta un valore aggiunto fondamentale, parte stessa dell’azienda. Se i padri costituenti fossero ancora qui tra noi sarebbero in prima fila al nostro fianco, a sostegno della nostra proposta per portare il salario minimo orario in Italia.