Immaginate di poter mettere tutta l’acqua del Pianeta in un secchio. Ora tiratene su una tazza da tè e avrete la quantità di quella dolce. Un cucchiaino preso da questa tazza è l’equivalente dell’acqua dolce di cui possiamo disporre grazie a laghi, fiumi e falde sotterranee. Non tanta rispetto al totale, ma abbastanza per soddisfare il fabbisogno umano. Almeno in teoria…
Nella pratica, la distribuzione delle risorse idriche sulla Terra è tutt’altro che equilibrata. Ben 2,1 miliardi di persone vivono senza acqua potabile in casa e 4 miliardi vivono in aree dove l’acqua scarseggia, nel senso che almeno per una parte dell’anno ce n’è meno di quella che servirebbe.
Un problema che non ci tocca, potremmo pensare. Ma è proprio così? Per rispondere dobbiamo innanzitutto considerare le ragioni per cui l’acqua è insufficiente in alcune aree del globo: o manca per ragioni geografiche e climatiche o manca per ragioni socio-economiche, nel senso che mancano gli investimenti e la volontà politica per renderla disponibile. E qui veniamo al perché il problema, a quanto pare, ci tocca e anche da vicino.
La siccità di questi giorni, i livelli dei corsi d’acqua che nel Nord Italia sono gli stessi che si registrano in agosto, è un segnale preoccupante di scarsità fisica legata in particolare al cambiamento climatico. Una scarsità con cui dobbiamo imparare a fare i conti, nella speranza che ci si decida davvero a riconvertire l’economia globale fino a renderla a emissioni zero. Fare i conti significa adattarsi alle mutate condizioni e in particolare adeguare le infrastrutture idriche. Qui viene in campo la ragione socio-economica della scarsità: gli investimenti nel nostro Paese sono ancora insufficienti, nonostante ci era stato detto che facendo fare al mercato si sarebbero incrementati in maniera esponenziale. La verità è che in questi anni, in barba all’esito del referendum del 2011 per l’acqua pubblica, il mercato si è dedicato all’acqua per trarne profitto e dividendi, destinando agli investimenti molto meno di quello che avrebbe potuto. Non a caso perdiamo per strada il 40% circa dell’acqua immessa in rete.
In realtà, in Italia e ancor più in altri Paesi, il mercato ha fatto anche di più: ha dato vita a un fenomeno di finanziarizzazione tale per cui oggi il sistema di gestione britannico, per fare un esempio, garantisce agli azionisti privati profitti enormi e scarica sugli utenti un indebitamento che finanzia mega-progetti del tutto sganciati dalla gestione della rete idrica. Ironia della sorte, proprio pochi giorni fa, alla vigilia della Giornata mondiale dell’acqua, l’Agenzia per l’Ambiente inglese ha annunciato che di questo passo nel 2050 non sarà più possibile l’approvvigionamento d’acqua nel Paese. L’uso eccessivo di acqua potabile, le perdite della rete, l’aumento della popolazione e il cambiamento climatico determineranno un black-out idrico nel giro di pochi anni.
Una conferma, qualora ce ne fosse bisogno, della necessità di considerare l’acqua una risorsa sempre più limitata, preziosa e vulnerabile. E per questo probabilmente soggetta agli appetiti di chi è abituato a speculare proprio sulla scarsità delle risorse, cercando di appropriarsene per poi “venderle al miglior offerente”. Qui allora entra in gioco la volontà politica, la necessaria scelta tra assecondare queste speculazioni – come è avvenuto con i governi passati, che hanno spianato la strada agli appetiti delle multinazionali – o considerare l’acqua una risorsa da sottrarre alle regole di mercato e da gestire, come suggeriscono le Nazioni Unite, considerandola un diritto umano universale, un monopolio che per sua stessa natura non può e non deve sottostare ad alcuna forma di concorrenza. Non è un caso se nessuno oggi possa decidere di cambiare il gestore idrico come fa ad esempio con la telefonia!
Ecco allora perché il Movimento 5 Stelle ha sempre lottato per l’acqua pubblica, nei territori e nella battaglia referendaria che ha portato 27 milioni di italiani a schierarsi per la gestione pubblica, e perché la considera la sua prima stella. Innanzitutto perché ne riconosciamo il valore fondamentale per la vita e dunque riteniamo che ciascuno abbia diritto a un quantitativo minimo vitale. “Nessuno deve rimanere indietro” è il motto della Giornata mondiale dell’acqua 2019, e non a caso è anche il motto del MoVimento 5 Stelle e delle nostre misure per l’uguaglianza e le pari opportunità per tutti, come il reddito di cittadinanza. Poi l’acqua è la prima stella perché siamo consapevoli di quanto sia una risorsa vulnerabile, e dunque da tutelare come il bene più prezioso di una comunità. E qual è il modo più efficace di proteggerla se non quello di affidarla nelle mani dei cittadini e non di privati che speculano?
Infine, l’acqua pubblica è la nostra stella perché, contrariamente a quanto è stato fatto finora, noi lavoriamo nel Paese e nelle istituzioni per garantire il benessere di chi c’è oggi senza farne pagare le spese a chi ci sarà domani. L’acqua pubblica è l’unica scelta possibile per avere la certezza che neanche le future generazioni vengano lasciare indietro. Quel prezioso cucchiaino d’acqua che ci è stato lasciato in custodia deve soddisfare anche le esigenze di chi lo avrà in cura dopo di noi. E la nostra stella continuerà a brillare.