Nel nostro approfondimento sul futuro del lavoro – qui trovate le puntate precedenti se ve le siete perse – abbiamo già avuto modo di parlare del tema della formazione, come uno dei pilastri fondamentali che il nostro Paese – e in generale tutti i paesi avanzati – deve considerare per affrontare con successo il cambiamento che la quarta rivoluzione industriale sta producendo a livello economico e sociale.
Un tema che sta a cuore a tutti, dalle imprese, alle istituzioni e che dovrebbe interessare soprattutto i lavoratori. Nell’ultimo report The future of job, il World Economic Forum ha messo bene a fuoco quali sono le criticità che dobbiamo prepararci ad affrontare e qual è la sfida che dobbiamo vincere: fare in modo che tutti, dai giovani alle istituzioni, dalle società alle imprese abbiano la possibilità di partecipare all’economia digitale.
Perché questo possa realizzarsi, è necessario creare un nuovo ecosistema nel quale istituzioni educative, datori di lavoro e individui lavorino insieme in un modo completamente nuovo, collaborando pienamente per mettere le basi per l’apprendimento continuo.
Questo cambiamento, infatti, comporterà una transizione difficile per milioni di lavoratori e la necessità di investimenti proattivi nello sviluppo di una nuova generazione di studenti con competenze trasversali e flessibili e di lavoratori capaci di interagire con le nuove tecnologie.
Secondo il rapporto, entro il 2022 il 54% della forza lavoro avrà necessità di una significativa riqualificazione professionale. Di questi, circa il 35% richiederà una formazione aggiuntiva fino a 6 mesi, il 9% una riqualificazione che durerà dai 6 ai 12 mesi, mentre il 10% richiederà una formazione professionale aggiuntiva di più di un anno.
In generale, entro il 2022 ciascuno di noi avrà bisogno in media di 101 giorni di formazione aggiuntiva.
Le aziende quindi, che fino a poco tempo fa pianificavano percorsi di formazione aggiuntiva solo per dipendenti già altamente qualificati, devono adesso cominciare a immaginare soluzioni per la riqualificazione di massa per un gran numero di dipendenti, soprattutto tra quelli più esposti alle conseguenze dell’introduzione delle innovazioni tecnologiche. Ma, rileva il rapporto, attualmente, solo circa il 30% di questi dipendenti ha ricevuto un qualche tipo di formazione professionale nei 12 mesi precedenti al sondaggio. Una percentuale che rispecchia perfettamente la situazione italiana, almeno secondo quanto rilevato da EY.
Come questa nuova formazione debba essere erogata e da chi è tema di dibattito a tutti i livelli. Sempre il WEF rileva come siano sempre di più le aziende che stanno implementando strumenti di formazione per i propri dipendenti (qui ne abbiamo citata qualcuna), in collaborazione con le istituzioni come le università ma anche attraverso l’uso di corsi online. Nel periodo 2018-2022, secondo le aziende intervistate, in media circa la metà di tutti i corsi di riqualificazione verrà erogata attraverso i dipartimenti interni, circa un quarto attraverso gli istituti di formazione privati e circa un quinto attraverso gli istituti di istruzione pubblica.
L’altro tema di dibattito è il riconoscimento di questa formazione aggiuntiva, che, anche se offerta direttamente dal datore di lavoro, dovrebbe consentire comunque un accreditamento riconosciuto al di fuori dell’azienda. Questo argomento in particolare è stato anche al centro del recente Forum on the Future of Learning promosso dalla Commissione Europea. L’espansione di tali sistemi per il riconoscimento delle abilità certificabili, è emerso durante i lavori, potrebbe promuovere in modo significativo il mercato per la riqualificazione aziendale.
In questo scenario, la creazione di nuove metodologie di insegnamento, che prescindano dall’aula fisica e dalla lezione frontale, rappresenta quindi la vera sfida per aziende e istituzioni nel prossimi anni. Le tecnologie digitali stanno rendendo l’apprendimento sempre più accessibile, flessibile ed economico e il settore dell’Edtech (Education Technology) è in grandissima espansione. Si prevede che il mercato globale di EdTech e di e-learning crescerà al 5,08% entro il 2022, facendo sì che il valore totale arrivi a 243 miliardi di dollari.
Quasi tutte le piattaforme di Edtech, inclusi i tre big mondiali del settore Udacity, Coursera e edX, seguono il modello MOOC (Massive Online Open Courses) che prevede la fruizione gratuita di corsi a distanza realizzati dalle più importanti università (per esempio Stanford, MIT e Harvard) oppure aziende (come Google, Facebook e altre) del mondo e certificazioni a pagamento. I corsi hanno lo scopo di fornire quelle competenze di base e avanzate necessarie ad affrontare la trasformazione del lavoro in atto.
Dall’ultimo LinkedIn Workplace Learning Report 2019 emerge come il mondo dell’apprendimento e della formazione veda da una parte un incremento costante degli investimenti aziendali e dall’altro la crescita dell’investimento proprio nel settore edtech che può rappresentare la soluzione per il reskilling di massa. Grazie all’introduzione della tecnologia, infatti, i percorsi di formazione possono coinvolgere migliaia di lavoratori contemporaneamente con costi inferiori al passato e grazie all’uso dell’AI questi stessi percorsi possono essere altamente personalizzati sul singolo dipendente.
In Italia questa strada è stata intrapresa da alcune grandi aziende, come le Ferrovie dello Stato che hanno reso disponibile già da un anno a tutti i propri dipendenti la piattaforma MOOC dell’Università Federico II di Napoli.
Questi strumenti sono liberamente accessibili online e a disposizione di tutti. Ecco una lista delle principali proposte a livello globale, gratuite e di altissima qualità, in lingua italiana e in lingua inglese. Non resta che scegliere.