Devi aspettartelo quando prendi di petto interessi forti e consolidati – oserei dire “incrostati” – di questo Paese ed elimini i loro privilegi per restituire diritti ai cittadini: ti attaccano apertamente e sottobanco, tentano in tutti i modi di infangare la tua immagine. È accaduto così che il MoVimento 5 Stelle, nonostante la sua connaturata attenzione al futuro e all’innovazione, sia stato fatto passare per la forza dei no: evidentemente così conviene a chi vuole spacciare i propri affari per opere indispensabili e urgenti. Esemplare, sotto questo aspetto, l’articolo datato 1991 che dell’alta velocità Torino-Lione diceva “Va fatta subito o sarà tardi”: sono passati quasi trent’anni e guarda caso risuonano le stesse parole mentre i dati ci dicono che quell’opera non è né necessaria né utile.
D’altro canto, nel Paese dei conflitti d’interessi, a dirci che un’opera o un’infrastruttura ci serve è spesso lo stesso soggetto o gruppo di potere che poi la realizzerà, o quantomeno trarrà vantaggio economico diretto dalla sua realizzazione. È per questo che, fin dai primi giorni di legislatura, ci siamo dati un metodo chiaro e trasparente: da un lato si procede con l’analisi costi-benefici e dall’altro si spinge l’acceleratore su un grande Sì, quello che mette insieme la “s” di sostenibilità e la “i” di infrastrutture.
Tutti parlano di un tunnel di 57 chilometri che sventra una montagna con enorme impatto ambientale, ma pochi sanno che oltre ad aver messo a punto il decreto Sblocca-cantieri il Movimento 5 Stelle ha già detto sì a investimenti per più di 70 tratte e almeno 1.930 chilometri di nuove ferrovie regionali e nazionali.
Per comprendere la rotta lungo la quale ci siamo mossi, basta guardare il contratto del programma infrastrutturale siglato dal ministero delle Infrastrutture e Trasporti e da Rete Ferroviaria Italiana per il periodo 2017-2021, per oltre 65 miliardi di euro di investimenti (escludendo il TAV in Valsusa e la linea Brescia-Padova) e le risorse stanziate nel contratto di programma fra Mit e Anas. Con questi due documenti, il nostro Governo si impegna a spendere un totale di 77 miliardi di euro in una lunga lista di infrastrutture che miglioreranno la qualità di vita delle persone, in primis dei pendolari i quali, ricordiamo, rappresentano il 95% dei viaggiatori nel nostro Paese.
Parliamo di fondi già sul tavolo, per opere che saranno pronte prima del 2026: tra questi, 18 miliardi di euro per la manutenzione della rete, la rimozione dei passaggi a livello e altre iniziative orientate alla sicurezza; quasi 9 miliardi di euro per efficientare e ammodernare sotto il profilo tecnologico le ferrovie; 5 miliardi di euro per valorizzare e potenziare le reti ferroviarie regionali; altri 8,5 miliardi per le Città metropolitane e 7,1 per le direttrici di interesse nazionale.
Si tratta di opere che ammodernano i trasporti, accorciano i tempi di percorrenza e limitano ritardi e disagi, opere che facilitano il trasporto delle merci. Tutti questi progetti, molti dei quali rimasti su carta con i precedenti governi, ora potranno vedere la luce nei prossimi 5 anni, con importanti benefici dal punto di vista della mobilità e sotto il profilo dell’impatto ambientale e sanitario.
Potremo finalmente scongiurare nuove multe e altre procedure d’infrazione come quelle che l’Ue ha aperto nei confronti dell’Italia per le emissioni inquinanti e che finora per le questioni ambientali ci sono costate 589 milioni di euro. Tra queste, c’è ad esempio quella sulle emissioni di biossido di azoto che ci ha portato al recente deferimento alla Corte di Giustizia dell’Ue.
Rischiamo di sprecare alcuni miliardi all’anno per pagare queste multe, ma soprattutto di far aumentare ulteriormente i 48 miliardi di euro annui stimati da Organizzazione Mondiale della Sanità come esternalità sanitarie e ambientali che paghiamo come costi legati ai danni alla salute e all’ecosistema e che ricadono sulla pelle e sulle tasche dei cittadini.
Con gli investimenti programmati nel prossimo quinquennio ci lasceremo alle spalle sanzioni e impatti ambientali e finalmente faremo ripartire l’Italia su nuove basi: non più opere utili soltanto agli interessi di pochi ma infrastrutture che rilanciano l’economia e l’occupazione avendo cura dell’ambiente e della salute delle persone.