Il 9,6% dei lavoratori europei ha un salario inferiore ai minimi contrattuali, in Italia questa percentuale sale al 12%. Se vogliamo trasformare l’Europa nel Continente dei diritti e delle opportunità per tutti i lavoratori bisogna intervenire subito. Con i fatti e non solo con le belle parole contenute nel Pilastro dei diritti sociali europei, l’iniziativa lanciata nel 2017 da Junker allo scopo di promuovere l’equità dei mercati del lavoro negli Stati membri.
La nostra proposta è semplice ma efficace: serve una direttiva quadro dell’UE per i salari dignitosi che fissi minimi salariali a livello nazionale, nel dovuto rispetto delle prassi di ciascuno Stato membro. Occorre un programma europeo per il calcolo di salari dignitosi allo scopo di definire salari dignitosi ufficiali a livello di Unione su base regionale in ogni Stato membro, mediante un metodo standardizzato – messo appunto dalla Commissione Europea – e utilizzato congiuntamente ai cosiddetti bilanci di riferimento.
BASTA LAVORATORI POVERI
I budget di riferimento sono contenitori di beni e servizi che sono considerati necessari per raggiungere uno standard di vita accettabile per una singola famiglia all’interno di un dato Paese, Regione o città. Questi budget sono progettati tenendo conto, tra le altre cose:
– la composizione domestica
– il reddito disponibile
– la situazione abitativa
– le esigenze di trasporto
I budget di riferimento sono stati sviluppati in vari paesi in tutta Europa negli ultimi anni. Sono tra l’altro già utilizzati per altri scopi tra cui: la consulenza sulla moneta e sul debito, la misurazione della povertà, le informazioni di bilancio, i punteggi di credito e il calcolo del potere d’acquisto. Possono anche essere utilizzati per valutare il sostegno al reddito – in particolare i sistemi di reddito minimo – nell’UE.
BASTA DELOCALIZZAZIONI, AIUTIAMO LE IMPRESE ITALIANE
Il salario minimo europeo non serve solo per contrastare la povertà ma anche per combattere il fenomeno del dumping sociale. Dati Eurostat rivelano “una variazione significativa della proporzione di lavoratori a bassa retribuzione negli Stati membri dell’UE: le percentuali più elevate si registravano in Lettonia (25,5 %), Romania (24,4 %), Lituania (24,0 %) e Polonia(23,6 %), seguite da Estonia (22,8 %), Germania (22,5 %)”. Salari più bassi in questi Paesi possono creare la tentazione per alcune imprese (soprattutto multinazionali) di delocalizzare la propria attività trasferendola dove il lavoro costa meno e rappresentano un aiuto indiretto per le imprese “non italiane”. Un salario minimo europeo, rispettoso delle differenze nazionali, aiuterebbe anche le nostre imprese a competere in maniera equa nel mercato europeo.
COSA RACCOMANDA IL PARLAMENTO EUROPEO
La Commissione Occupazione ed Affari sociali del Parlamento europeo ha raccomandato “l’istituzione di minimi salariali a livello nazionale mediante la legislazione o la contrattazione collettiva, con l’obiettivo di fissarli almeno al 60 % del rispettivo salario mediano nazionale e di superare il salario di sussistenza nazionale o regionale”. Questo principio è un punto di partenza per arrivare a un obiettivo chiaro. Mai più lavoratori sottopagati, portiamo il salario minimo in Italia così come in altri 22 Stati Membri dell’Unione europea.