Così fan tutti, a quanto pare. Le pagine dei giornali sono piene dello scandalo scoppiato in seno al Consiglio superiore della magistratura dove quattro consiglieri si sono autosospesi, mentre uno si è già dimesso. Un’inchiesta della procura di Perugia ha infatti scoperchiato un vaso di Pandora in cui la cosa più evidente che viene fuori è come il merito dei singoli magistrati viene affogato nelle logiche spartitorie politico-correntizie.
Da quanto emerge da articoli di stampa, infatti, l’ex presidente dell’Anm, nonché ex consigliere del Csm, Luca Palamara, discuteva con un altro consigliere e con i deputati del Pd la spartizione delle poltrone più importanti degli uffici giudiziari italiani. Una sorta di gioco di tessere di domino in cui si incrociavano i destini degli uffici di Torino, Perugia, Brescia e, soprattutto, Roma. Perché il meccanismo era un vero e proprio sistema, per cui non ci si poteva accordare su un singolo incarico senza considerare tutto il quadro.
In questo spaccato che l’inchiesta offre agli occhi degli italiani non c’è distanza fra magistratura e politica, sono la stessa cosa, con meccanismi del tutto simili se non peggiori, considerata la delicatezza dei compiti che la magistratura assolve. Per cui abbiamo da una parte i deputati Ferri e Lotti del Pd che danno indicazioni, imbastiscono trame, dimostrano tutta la pervasività di una certa politica e, dall’altra, i magistrati che accolgono i suggerimenti, che ribattono, come se fosse tutta un’unica cosa. Con un piccolo dettaglio, non da poco: per esempio, Luca Lotti si esprime su chi deve andare a ricoprire il posto di procuratore Capo a Roma dove lui stesso è indagato nell’inchiesta Consip. Ecco, questo spaccato dà un po’ l’idea del tutto.
E tutto avveniva di notte, in albergo, certi di una discrezione che grazie alla “Spazzacorrotti” è venuta meno: l’indagine aperta su Palamara per corruzione ha consentito agli inquirenti di poter “accendere” uno spyware nel telefono dell’indagato consentendo così la famigerata apertura del vaso di Pandora.
Ma, deve essere chiaro, i primi danneggiati sono gli stessi magistrati che temono un’onda di delegittimazione delle loro stessa funzione. Per alcuni magistrati che brigano, che gestiscono il potere, c’è il restante 99 per cento che guarda attonito a ciò che accade e che non ci sta a essere etichettato per le pratiche di alcuni colleghi. Proprio per difendere tutti i bravi magistrati che ci sono in Italia – abbiamo la classe più produttiva d’Europa – il MoVimento 5 Stelle ha già pronte alcune proposte per dare un giro di vite.