Tutti zitti quando si tagliavano sanità ed investimenti, quando fioccavano i privilegi della politica e veniva approvata a norma di legge la precarietà con il Jobs Act. Ora che il M5S punta alla stabilità del posto di lavoro e propone un Salario Minimo Orario i sindacati, le opposizioni e alcune associazioni datoriali si stracciano le vesti e ci attaccano.
È l’immagine di un Paese che ormai pensa solo a difendere interessi di parte e si disinteressa del bene comune.
Un Paese avanzato non può progredire se il lavoro viene sottopagato e i diritti calpestati. Non c’è futuro se i contratti a termine diventano la regola invece che l’eccezione. Due evidenze che abbiamo voluto tradurre in legge: prima il decreto Dignità, per limitare il ricorso al tempo determinato incentivando le assunzioni stabili. Ora il Salario Minimo, con il quale vogliamo sollevare dalla miseria 3 milioni di lavoratori che oggi portano a casa stipendi da fame, inferiori ai minimi contrattuali.
E cosa ci viene risposto? Che 9 euro lordi all’ora sono troppi e sfascerebbero il sistema. Il problema non sarebbe l’austerità feroce che ha colpito imprese e cittadini e ha peggiorato i conti pubblici, ma un salario dignitoso e proporzionato alla qualità e alla quantità del lavoro svolto, come richiesto dall’articolo 36 della Costituzione.
Allora spieghiamo per bene in cosa consiste la proposta di legge a prima firma della nostra Nunzia Catalfo, per fugare ogni dubbio:
– 9 euro lordi all’ora come minimo al di sotto del quale il contratto collettivo nazionale non potrà scendere, neppure attraverso la contrattazione aziendale;
– Il riconoscimento dei contratti collettivi nazionali stipulati dai sindacati più rappresentativi sul territorio nazionale, così da evitare la contrattazione pirata (ossia il fatto che alcune imprese possano contrattare condizioni salariali indecorose con sindacati scarsamente rappresentativi);
– Un meccanismo di rivalutazione legata all’Indice dei Prezzi al Consumo, automatica in caso di contratti scaduti o disdettati e non rinnovati. In tal modo si tutela di anno in anno il potere d’acquisto dei lavoratori rispetto all’aumento dei prezzi
La proposta andrà ad aumentare il potere d’acquisto di 3 milioni di persone oggi lavorano ma sono di fatto in condizioni di povertà. Un paradosso del nostro tempo.
Aumentare i salari significa spingere in alto i consumi, a tutto beneficio delle migliaia di piccole medie imprese italiane che vendono i loro prodotti sul mercato interno, ma anche stimolare una maggiore produttività, perché un lavoro ben pagato è un lavoro più efficiente.
E mente chi dice che 9 euro lordi all’ora corrispondono al Salario Minimo più alto d’Europa. In Germania non si può andare per legge sotto i 9,13 euro, in Belgio sotto i 9,41 euro, in Olanda sotto i 9,33, e in Francia addirittura sotto i 10,03.
Certo, in rapporto ai salari mediani percepiti sul territorio nazionale il nostro Salario Minimo è generoso. Ma ne andiamo orgogliosi, è un vanto e non un difetto della misura. Fissare per legge un salario minimo sganciato dai contratti collettivi nazionali, come propone il Pd, peggiorerebbe le condizioni di milioni di lavoratori invece che migliorarle (il rischio è quello della fuoriuscita delle imprese dalla contrattazione collettiva nazionale). Che senso avrebbe? Non siamo il governo dell’austerità e dei sacrifici per i cittadini, ma quello della giustizia sociale e della lotta a tutti quei vincoli regressivi, nazionali ed europei, che hanno trascinato il nostro bel Paese nel baratro economico.
Le imprese stiano tranquille. Insieme all’introduzione del Salario Minimo Orario già nella prossima Manovra ridurremo le tasse sugli utili e sul lavoro, per miliardi di euro. Serve un nuovo Patto sociale tra Impresa e Lavoro ed è il principale obiettivo della nostra azione di governo. Nessun potentato potrà fermarci.