Oggi sono stati pubblicati due articoli, rispettivamente su Repubblica e su Il Sole 24 Ore, che ci ricordano due fatti importanti:
- l’Italia investe troppo poco in alta formazione e ricerca
- il nostro mercato del lavoro non premia laureati o dottori di ricerca
Questo rappresenta una perdita netta enorme per il Paese, a vantaggio di quelle nazioni in grado di attirare le migliori competenze. Per ogni laureato o dottore di ricerca che lascia l’Italia, perdiamo in media 250 mila euro di investimenti fatti sulla sua formazione attraverso risorse pubbliche. È questa forma di emigrazione che sta diventando sempre più un vulnus profondo per il futuro dell’Italia.
Dopo decenni di tagli, però, questo Governo ha invertito la tendenza.
Il fondo delle università quest’anno è aumentato di oltre 100 milioni. È poco, ma non accadeva da tanto tempo. In seguito, abbiamo anche emesso un decreto per l’assunzione straordinaria di oltre 1500 ricercatori. Il numero più alto di sempre. Inoltre, abbiamo sostenuto dottorati innovativi ed industriali, per facilitare l’occupabilità dei dottori di ricerca. E come sapete, sono impegnato in prima linea con il nostro gruppo parlamentare per ottenere 1 miliardo in più nella prossima Legge di Bilancio.
Ma le risorse non sono l’unico problema. Per questo abbiamo richiesto all’Agenzia Nazionale per la Valutazione dell’Università e della Ricerca di modificare gli algoritmi con cui si allocano i fondi premiali, tenendo conto di nuovi fattori come le necessità del territorio e la capacità di collaborare con le imprese. In Parlamento, poi, si è incardinata una riforma dei concorsi che permetterà di assumere più ricercatori e con modalità sempre più trasparenti e meritocratiche.
Dal giorno del mio insediamento, circa un anno fa, ho lavorato ad un grande progetto di collaborazione tra mondo delle imprese e mondo della ricerca. Abbiamo avviato i cluster tecnologici su tutto il territorio nazionale e sostenuto collaborazioni sperimentali in varie regioni d’Italia. Stiamo aiutando le università a fare impresa e le imprese, anche quelle medio-piccole, a fare ricerca. Lo scopo è fare squadra per rilanciare la ricerca pubblica e privata, utilizzando anche le risorse ingenti messe a disposizione dal Governo con il fondo per l’innovazione.
In autunno, sigleremo con le imprese italiane un Patto per la Ricerca, con cui impegnarci (come governo e come settore imprenditoriale) a puntare su un’economia intelligente e produttiva, facendo della ricerca e dell’innovazione il vero ‘marchio di fabbrica’ dell’Italia. In questo patto proponiamo incentivi fiscali innovativi per le aziende che fanno ricerca o assumono personale altamente qualificato, e chiediamo alle imprese di aumentare i loro investimenti in innovazione, anche e soprattutto attraverso borse e fondi per le università. Entro la fine di quest’anno avremo più investimenti, più efficienza, più merito e più collaborazione: sono gli ingredienti giusti per fare della ricerca il volano di sviluppo del Paese.
Qui il link all’articolo del Sole e sotto la pagina di Repubblica: