Nel nostro viaggio di esplorazione del futuro del lavoro abbiamo già affrontato il tema della formazione che sarà cruciale per i milioni di persone in tutto il mondo che dovranno affrontare la delicata transizione attraverso automazione e robotizzazione di massa (se ve li siete persi, qui, qui e qui trovate tre post interessanti che trattano proprio questo aspetto).
Gli ultimi dati pubblicati dal National Student Clearinghouse Research Center (che coprono il 97% delle strutture universitarie degli Stati Uniti) parlano chiaro: l’iscrizione al college è in calo per l’ottavo anno consecutivo. L’analisi mette in luce una tendenza che appare più ampia e complessa di quel che possa sembrare: al netto di alcune aree di studio che restano comunque molto ambite, in generale i giovani sembrano essere più orientati ad acquisire competenze pratiche invece che diplomi universitari.
Questa situazione trova riscontro in una trasformazione che sta avvenendo gradualmente nelle aziende. Anche quelle più rinomate e prestigiose incluse Apple e Google stanno cominciando a togliere dai requisiti fondamentali per ottenere un lavoro il diploma di laurea.
D’altra parte il divario tra formazione ed effettive necessità delle aziende è ormai evidente in moltissimi settori produttivi e sono sempre di più i giovani laureati che si trovano a svolgere lavori che non sono coerenti con i titoli di studio che hanno conseguito. Così il titolo di studio diventa sempre più spesso esclusivamente un elemento per valutare se il candidato è in grado di portare a compimento un progetto, più che garanzia delle competenze che possiede. Il recente sondaggio Freelancing in America 2018 ha rilevato che il 93% dei freelance con una laurea quadriennale afferma che la formazione professionale è più utile della laurea. Il 70% dei freelance ha partecipato a nuove attività di formazione negli ultimi sei mesi, rispetto a solo il 49% dei non freelance a tempo pieno che non ha svolto alcuna formazione professionale nello stesso arco di tempo.
Il cambiamento tecnologico esponenziale associato a costi di istruzione molto alti e, naturalmente, alla necessità di investire un tempo minimo di 4 anni da dedicare esclusivamente allo studio, stanno rendendo la formazione universitaria una strada difficile da scegliere, anche considerato il fatto che il costo di un’istruzione universitaria non è più direttamente correlato con i potenziali guadagni futuri.
In alcuni settori, inoltre, l’evoluzione è così rapida che l’obsolescenza delle competenze avviene nell’arco di pochi mesi, come per esempio nella programmazione software.
La conoscenza non è statica e oggi il vecchio modello dell’iper-specializzazione non rappresenta più il lavoratore ideale. In questo quadro, il sistema della formazione si trova di fronte alla necessità di ripensare se stesso dalle fondamenta e sono sempre di più le soluzioni alternative alla formazione universitaria.
La Gates Foundation, fondata da Bill gates e da sua moglie, ha avviato il programma New Option Project, nel quale le aziende possono sviluppare un sistema di credenziali basato sulle competenze e gli aspiranti lavoratori possono sottoporsi a un test per dimostrare la padronanza delle abilità o attitudini richieste e ricevere formazione specifica direttamente dall’azienda. L’associazione Innovate + Educate, che collabora al progetto, ha dichiarato che le assunzioni basate sulle competenze rispondono più velocemente alle esigenze delle aziende e i lavoratori che vengono individuati secondo questi criteri in media hanno bisogno di meno formazione e hanno meno probabilità di lasciare l’azienda nel breve termine.
L’orientamento a privilegiare le competenze rispetto ai titoli di studio, in realtà, è ormai abbastanza diffuso almeno nelle grandi organizzazioni che più delle altre hanno a che fare con l’innovazione.
“Ottenere un lavoro nell’odierna IBM non richiede sempre una laurea” , ha affermato l’amministratore delegato della società, Ginni Rometty. Anche Jeff Weiner, CEO di LinkedIn, ha lanciato lo stesso messaggio alll’ultima convention aziendale: “Ciò che conta di più sono le competenze rilevanti.” Il problema quindi sarà verificare le effettive competenze del lavoratore, soprattutto quando sono al di fuori del settore tecnologico oppure addirittura in quello umanistico. Questa sarà la sfida dei prossimi anni.