Il diritto all’innovazione è il diritto di cui voglio parlarvi: è un meta-diritto, una sorta di diritto naturale. Nel senso che se uno parla di diritto all’innovazione tutti noi siamo portati a reagire dicendo: “Ma l’innovazione è un diritto di per sé. Perché bisogna descriverla o comunque comunicarla come un diritto a sé stante?”. In realtà l’innovazione è la possibilità di avere all’interno di una comunità o di una società il miglior abilitatore dei diritti di cittadinanza e più in generale dei diritti di cui beneficiamo.
L’’innovazione parte da lontano, da secoli di storia ed evoluzione, ma sostanzialmente ha una un minimo comun denominatore. L’innovazione abilita nuovi diritti, nell’abilitare nuovi diritti crea istituzioni (diverse da quelle precedenti) e rende la qualità della vita migliore rispetto a prima.
Nel mondo occidentale, la capacità dell’innovazione di produrre diritti diventa abbastanza visibile a partire dalla rivoluzione industriale. Con la rivoluzione industriale l’innovazione diventa l’abilitatore di varie rivoluzioni per ottenere diritti di cittadinanza che diventano costituzioni liberali; ed è anche uno strumento formidabile per diffondere non solo questi diritti, ma anche ricchezza, benessere e protezioni sociali.
In fin dei conti se non ci fosse stata quel tipo di innovazione gran parte dei diritti come il diritto al voto o il diritto all’educazione oggi non esisterebbero!
La traiettoria continua dell’innovazione ha portato a quello che oggi è il mondo digitale e ai suoi diritti. Noi siamo portati a pensare che questi diritti siano acquisiti per sempre e che siano, una volta ottenuti, non più retrocedibili, ma non è così! L’innovazione è un diritto perché la difesa dei diritti di cui oggi beneficiamo dipende dalla capacità che avranno le società nei prossimi decenni di continuare ad assicurare il miglior processo innovativo – dove per migliore intendo il processo innovativo che sia in grado di produrre il miglior tasso di innovazione finale con il minor consumo di risorse collettive.
Oggi il confronto rispetto al secolo scorso è diverso perché il confronto digitale è tra sistemi democratici e sistemi non democratici. In particolare, il confronto è tra il mondo occidentale e il mondo cinese. Lo scorso secolo nessun analista pensava o riteneva possibile che potesse esistere un’economia di mercato all’interno di un sistema non democratico, ma la Cina ha superato questa congettura. La Cina, pur non essendo una democrazia, ha creato i meccanismi per produrre lo stesso livello di innovazione che abbiamo in Occidente.
Oggi il confronto è tra un occidente democratico e un sistema asiatico non democratico. Non è detto che il nostro sistema sia destinato a prevalere: per questo è importante parlare di diritto all’innovazione, perché esistono diverse tipologie di innovazione e la nostra è sicuramente più rispettosa della storia dei diritti umani e non presenta alcuna limitazione governativa né alcuna possibile censura, come invece avviene oggi in alcuni paesi non democratici.
A oggi, gli esempi di società nelle quali il diritto all’innovazione è meglio tutelato sono soprattutto comunità piccole, stati-nazione in cui gli abitanti si contano in pochi milioni. Questo ci fa capire che il diritto all’innovazione in società più ampie, come quella italiana, è meno facile. Per questo è opportuno aiutare i cittadini ad acquisire una consapevolezza dell’importanza dell’innovazione per la loro qualità di vita attuale e futura. Perché l’innovazione è il miglior strumento contro ogni forma di prevaricazione e ogni forma di privazione dei diritti acquisiti.