Come certificato dall’Inps, in Italia il 28,9% dei salari è al di sotto dei 9 euro l’ora. Stiamo parlando di 4,3 milioni di italiani che lavorano ma sono, di fatto, in condizioni di povertà. Ecco perché istituire un salario minimo orario è una priorità per questo Paese.
Restituire dignità al lavoro attraverso l’introduzione di un salario minimo orario non significa soltanto dare a milioni di italiani e alle loro famiglie la certezza di potersi costruire un futuro. Aumentare i salari vuol dire anche stimolare una maggiore produttività, perché un lavoro ben pagato è un lavoro più efficiente.
Non è un dettaglio: secondo lo studio realizzato da ADAPT e co-finanziato dalla Commissione Europea su “Contrattazione collettiva e produttività del lavoro”, la produttività dipende molto da due fattori: la contrattazione collettiva, dunque la retribuzione, e gli investimenti in tecnologia. Sia nel pubblico che nel privato.
In questi anni la precarizzazione continua, con l’aumento (falsato) del tasso di occupazione soprattutto di personale meno qualificato e con tipologie contrattuali fortemente penalizzanti, ha contribuito alla stagnazione della produttività e, in generale, a una minore qualità del lavoro. Paradossalmente abbassare il costo e aumentare la precarizzazione del lavoro ha consentito alle aziende di continuare a guadagnare senza innovare e innovarsi. Ma il risultato è stato una produttività praticamente ferma, bassa concorrenza e un peggioramento delle esportazioni, con conseguente indebolimento del sistema produttivo italiano e della struttura occupazionale.
Durante questo regime di “profitto garantito” per le aziende, la quota destinata ai lavoratori dipendenti è costantemente diminuita, mentre quella spettante a imprenditori e investitori è cresciuta. In sintesi, a guadagnarci sono sempre gli stessi e a pagare dazio sono i lavoratori. Ma, col tempo, ne abbiamo pagato tutti le conseguenze, in termini di crescita economica, occupazione e competitività delle nostre aziende.
Per questo il Movimento 5 Stelle – e in particolare il ministro Luigi Di Maio – sta agendo in totale discontinuità col passato: il nostro obiettivo è quello di accrescere in tutto il Paese la forza produttiva, sostenere le nostre aziende all’estero e promuovere un’occupazione equa, stabile e dignitosa.
I lavoratori non sono dei numeri. Viviamo in un’epoca nella quale i robot sono e saranno sempre più gli artefici di una drastica riduzione del fabbisogno di manodopera. Ci saranno sempre più nuovi mestieri e, secondo l’Ocse, per mantenere il posto di lavoro almeno sette lavoratori su dieci dovranno cambiare il loro modo di lavorare. E ancora, si prevede un aumento delle diseguaglianze tra i lavoratori altamente specializzati e quelli a bassa qualifica. Ancora una volta, il salario minimo diviene fondamentale per garantire a tutti diritti e tutele adeguati e la giusta valorizzazione del proprio lavoro.
È necessario che i potenziali benefici che l’innovazione tecnologica può determinare in termini di crescita si dispieghino in modo equo, non lasciando nessuno indietro e favorendo lo svilupparsi di processi economici socialmente ed ecologicamente sostenibili. Processi economici che dovranno necessariamente essere incentrati sul lavoro e sui lavoratori e solo in secondo luogo sulle macchine.
Come fondamentale per le aziende sarà investire, oltre che nell’innovazione, nella formazione dei lavoratori, affinché si diffondano le competenze necessarie per cogliere a pieno le opportunità offerte dalle nuove tecnologie e affinché tali opportunità siano colte dal maggior numero possibile di lavoratori e lavoratrici. E innalzare così qualità del lavoro e produttività.
Insomma, ricerca, sviluppo, innovazione e capitale umano, sono i principali capitoli su cui investire per il rilancio delle nostre aziende. Che non potrà prescindere dall’adozione di una retribuzione adeguata per tutti i lavoratori, qualificati e no. Sfruttare i lavoratori per produrre di più e generare profitto per pochi, questo è stato il mercato del lavoro negli anni passati. D’ora in avanti tutti dovranno vedersi garantito un salario dignitoso e proporzionato alla qualità e alla quantità del lavoro svolto. Come previsto dalla nostra Costituzione.